
"Crede nel diavolo al quale è stato tante volte politicamente paragonato?"
"Mi astengo..." (ridacchiando).
"Per conflitto di interessi?".
"Ah no...Speriamo di non vederlo mai nell'Aldilà. Di qua, un certo numero di allievi ce l'ha...Se ne avesse meno, sarebbe meglio...".
Sono solo alcune battute di un'intervista del 2008 fatta da Bruno Vespa, in quel di Porta a Porta, al Senatore a vita Giulio Andreotti, recentemente scomparso alla veneranda età di 94 anni.
E' stato, il Divo Giulio, certamente, l'uomo di governo e di partito italiano più blasonato.
7 volte presidente del Consiglio dei Ministri, 19 volte Ministro, Senatore a vita dal 1991, l'unico ad essere stato in Parlamento per tutta la storia della Repubblica Italiana, oltre che fondatore della Democrazia Cristiana, nel dopoguerra, insieme ad Alcide De Gasperi.
Ma per nemici e detrattori, tanti, tantissimi, al punto da farne uno degli uomini più controversi della Storia d'Italia, era semplicemente "Belzebù".
Il Diavolo...fermo...convinto...mai un passo indietro...con un'indomita forza di volontà...capace anche di negare l'evidenza pur non macchiare, anche in minima parte, quella Storia che lui, il Divo Giulio, aveva contribuito in prima persona a costruire, anche a costo di farsi odiare dai democristiani della generazione precedente.
Ma era davvero Belzebù l'uomo che entrava nelle stanze di Pio XII senza farsi annunciare, che con Moro era il braccio politico di Paolo VI, che seppe in anteprima dell'elezione di Papa Giovanni XXIII, che strinse un rapporto talmente forte con Papa Wojtila da meritarsi un abbraccio ed un sostegno pubblico allorquando era indagato per mafia?
E' possibile.
Perchè è difficile restare al centro della vita politica italiana senza avere fatto un patto col diavolo o averne assunto le sembianze.
Ma se Andreotti è stato un diavolo, aveva ragione lui nel sostenere che si trovava, certamente, in buona compagnia. Perchè tante ne ha fatte, ma tante ne ha anche subite.
Il problema è se giustamente o meno.

Il suo iter giudiziario parla chiaro.
-Condanna in appello, a Perugia, a 24 anni come mandante dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli (poi annullata in Cassazione).
-Condanna come mafioso in servizio permanente effettivo retrodatata (e quindi prescritta) agli anni precedenti il 1980.
Il "Processo alla storia d'Italia", come venne definito, con una mole investigativa mai vista (oggi, forse solo la Boccassini può permettersi tanto quale novella Don Chisciotte...), da punta di diamante per lo stravolgimento di fatti ormai certi e con un potenziale effetto domino sullo scacchiere interno e non solo, si sgonfiò così, senza appello, rimanendo nei canoni e nei termini del limbo chiaroscuro della certezza incerta e del buio luminoso ed accecante.
Scoprire il vaso di Pandora e poi decidere di richiuderlo con del nastro adesivo trasparente.
Più o meno si è fatto questo a rileggere la sentenza del 2 Maggio 2002, a chiusura del processo di appello.
Andreotti viene Dichiarato non colpevole, ma con una formula molto particolare, e che ha suscitato polemiche mai sopite.
Prosciolto per prescrizione dall'accusa di associazione per delinquere semplice, per i fatti avvenuti fino al Marzo 1980
Assolto con formula piena per i fatti successivi, inquadrati sia come associazione "semplice", sia come associazione "mafiosa", reato istituito solo nel Settembre 1992, con la legge Rognoni-La Torre.
Scrive Riccardo Arena:
"Prosciolto non significa assolto: vuol dire anzi che non ci sono elementi sufficienti per scagionare. Ma nel caso del Divo Giulio si andò oltre: nella motivazione la prima sezione della Corte d'appello scrisse infatti a chiare lettere che Andreotti sarebbe stato a disposizione della mafia fino a quando non prese coscienza della sua pericolosità, dopo l'omicidio di Piersanti Mattarella (6 Gennaio 1980) e quando venne convocato dal boss stefano Bontate per essere "ripreso", visto che Mattarella "non era stato fermato". Da quella primavera di 33 anni fa sarebbe cominciato l'Andreotti-2, il politico Dc che la mafia la combattè".

Sentenza all'italiana, quindi...di assoluto compromesso.
Sentenza, confermata poi dalla Cassazione il 15 ottobre 2004.
Il che significa verità giudiziaria passata in giudicato.
Scrive ancora Riccardo Arena:
"A nulla valsero i tentativi dell'imputato di farla annullare, per far "rivivere" la decisione - pure controversa - con cui il tribunale lo aveva assolto, il 23 Ottobre 1999, utilizzando la formula che un tempo era dubitativa. meglio quel minimo "mascariamento" che quell'aperto attacco alla sua storia politica. Fatti, in fondo, sempre attuali, se si considera che il 27 Maggio si aprirà il processo sulla trattativa Stato-mafia, in cui si parte proprio dall'omicidio del proconsole andreottiano in Sicilia, Salvo Lima".
Una cosa è certa.
In un momento storico delicatissimo, in cui un' intera classe politica aveva assistito passivamente a un'aggressione mafiosa allo Stato, spazzando via giudici, giornalisti, rappresentanti delle Istituzioni, prefetti, poliziotti, carabinieri, gente comune, con le bombe, le stragi, il piombo ed il tritolo che dilagavano, con un pool di uomini coraggiosi come Chinnici, Caponnetto, Falcone, Borsellino che dai bunker sotterranei guidavano la riscossa dello Stato, Giulio Andreotti è stato colpito, dato anche nel nel turbillon di Tangentopoli non gli fu trovato neanche uno spillo, nei processi per mafia.
Sentenze che non lo condannarono ma quasi.
Amicizie sbagliate si è scritto, in primis quella con Salvo Lima, che dal vivo - in verità - non fu mai condannato per mafia, ma che ne portava un odore fortissimo.
Gli furono scaraventati addosso decine di pentiti.
Ma quando essi citavano la data di un incontro sospetto, le infallibili agende del Divo Giulio documentavano l'alibi.
Eppure, nonostante queste agende e la meticoloso precisione, quelle 2 sentenze rimangono scritte.
E, paradossalmente, quella di condanna a 24 anni per l'omicidio Pecorelli fu quasi indolore, perchè cancellata del tutto in Cassazione.
Quella di Palermo, invece, con la formula "è vero ma è prescritto", di una "condanna-non condanna", è rimasta e rimarrà per sempre un'ombra incancellabile.
E del resto, come detto, non si resta ininterrottamente sulla scena politica di un Paese come il nostro per cinquant'anni se non si è un pò Belzebù...
Con annessi e connessi vari...
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