Passò il tempo e portò via con sé ciò che non aveva radici, ciò che era semplice da estirpare, ciò che aveva basi poco solide. Passò il tempo e distrusse ricordi, estati, inverni e sapori. Venne il vento, quello gelido, e mi assiderò le vene. Senza quel calore le mie labbra si annerirono e i miei occhi si socchiusero.
Avevo tante cose da fare ma scrissi ancora di te. Scrissi che millemila minuti passati incastrandoci in abbracci interminabili non sarebbero bastati a farmi passar la voglia che avevo avuto di legarmiti addosso. Scrissi che se avessi avuto un minuto da spendere, io l’avrei speso a te e t’avrei scrutato con le mani il viso per non dimenticare ogni ruga, ogni filo di barba, ogni lampo di luce negli occhi.
Scrivevo e non sapevo cosa mi spingesse a farlo, a farlo ancora. Non sapevo quando avrei trovato uno scorcio di pianeta inesplorato. Sapevo, però, che anche in mezzo a tutti gli odori del mondo, io avrei inevitabilmente riconosciuto il tuo.