non è un bel posto in cui stare...

30 marzo 2009 ore 20:10 segnala
beh, ciao a tutti... voi che passate da avventori in questo blog che non m'ispira più di tanto. questo non è più un bel posto in cui stare, per me. troppi chiacchieroni perditempo che non fanno altro se non perdersi dietro dottrine futili e banali, da forti credenti nelle varie sciocchezze che l'iniquità gli propina... se avete o se hai voglia di leggermi, trovi dell'altro su http://inchiostrononmente.splinder.com là passo decisamente più spesso che da queste parti... ormai non si pensa più con la propria testa, oggi siamo solo figli della spazzatura mediatica che dalle sue diverse fonti occlude l'anima pensante riducendola ad una briciola di brioches sulla schiuma di un cappuccino freddo e mal consumato... buona vita.

Ultimo Tanga a Parigi

08 gennaio 2009 ore 13:57 segnala

e visto che mi piace cimentarmi in ogni branca della scrittura, finora varcando le soglie di tematiche complesse, e poesie che alla fine poesie non sono (altrimenti i poeti del romanticismo creerebbero battaglioni dentro i mausolei!), ma il sesso mancava. l'ennesimo micro_mondo creato per puro diletto letterario, e per sondare i germogli di una scrittura che sta nascendo. sono pillole, queste, ma che applicate sugli occhi (nel mio intento), donano una piccola nuvoletta di trasporto, verso sogni più grandi.

ah, l'amour, l'amour. quante cose fa fare l'amore. disgraziato sentimento capace di produrre serotonina anche in casi di palese dignità zero. eppure credevo che il folle amore che mi condusse nella cité de l'amour, fosse palpitazione eterea per lungo tempo. mi sbagliavo, ma l'errore di valutazione in questo campo è di facile fruizione. la passione con cui molte volte ricropriamo il sentimento, depista ogni raziocinio, e la parte che più ci tiene incollati alla realtà, viaggia fra le braccia di dioniso. volai da roma alla volta delle banlieue con lo spirito innamorato della mia bella sciu sciu, e fru fru, tutta erre moscia e sensualità. era lì ad attendermi. lo sguardo sereno di chi non se ne frega nulla, ed un sorriso di circostanza per acclimatare il mio animo sballottato dal viaggio. in italia era tutta un fuoco, attenzioni, bacini e sdolcinate e folli progetti, ma in un tiepido abbraccio ed un bacio stampigliato sulle labbra, tagliò a corto appellandosi alla fretta. "bisogna andare a prendere la mia amica", ma la chiamò "copine", e lì per lì credetti che si riferisse ad una semplice amica. quanto odio le lingue straniere; una parola può assumere trecento significati diversi, e credere di averne individuato uno, era già abbastanza per me. passammo da questa ragazza, e la portammo a cena con noi. "addio cena a lume di candela" pensai, e la città dell'amore risuonava di profumi culinari ed artisti di strada, mentre conversazioni su conversazioni si sovrapponevano nella mia inettitudine nel capirci qualcosa. la cena fu ottima, l'ambiente riservato ed accogliente, ci riservò tutta la sua calorosità, anche quando si trattò di saldare il conto. mi offrìi di saldarlo, ma mi stopparono ridendo all'unisono, dicendo "tu es notre invité!" e di fronte a tanta ospitalità, proposi di andare a bere qualcosa in un pub. acconsentirono, ma solo di prendere delle bottiglie di vino da asporto in una vignoble gestita da amici loro. a casa. entrammo e ci sistemammo sul divano, mentre in uno "splut", il tire-bouchon ci rese capaci di attingere a quel delizioso succo d'uva. come andò a finire? ubriachi ed estasiati dalla gioia di bacco, partirono danze e sensuali ammiccamenti, mentre mi accingevo a tirar su l'ennesimo sorso, m'invitarono ad unirmi a loro, e non importava quanto moscia fosse la erre, era l'unica cosa moscia che abitava in quella stanza... ma parlare d'amore adesso sembra falso, eppure nell'amore credevo. troppo pieno di sé, Platone, per abbandonarsi ad un sentimento che ha reso per secoli come una semplice chimera. allo stesso tempo, la società s'è evoluta nello sviluppo materiale, non mentale, ed associa ancora arcaici concetti alla vita degli i-phone, del gprs e della comunicazione su larga scala... e bene l'amore mi pose la sua scelta: declinare un così femmineo ed ammiccante invito, oppure ripudiare la mia bella in quanto bisessuale, per poi vivere nel rimorso che mi avrebbe tenuto compagnia fino ad una prossima storia. ci amammo, tutti e tre, e pian piano scoprimmo che il sesso, per lungo tempo complice e legante, non era poi tutto. ma in questa sfera, cosa vogliamo? perché ci stanchiamo persino del sesso, spingendoci sempre verso porte nuove? sta di fatto che la storia fra noi finì, ma non l'amicizia, perché a fronte di tanta intimità, il sorriso sincero è impossibile da negare. ci si sente per non scadere in un addio, ed una volta all'anno, ci riuniamo per ballare in intimo, il nostro ultimo tango (dell'anno!!!)

ahahahahahahahahahahahahahahah menage a trois... che pervertito... sweet hai sbagliato forum!!! taci coscienza ingrata!

ma voi non crederete che ho scritto questa storia di getto, ispirato dall'incolpevole nick che ho visto in risposta ad una discussione nel forum... fate vobis!!! e pensare che a parigi ancora manco ci metto piede!!! ma ci andrò... forse... se trovo 2 ragazze così! ahahahahahahah... mi sa che le mie suole, se solcheranno i pavé parigini, dovranno cercare in loco...

ispirazione cinematografica...

02 gennaio 2009 ore 03:00 segnala

nei film, nella musica, nei libri, in tutto ciò che il mondo esterno ci comunica, la catena mentale innesca il suo movimento. anche se molte volte il prodotto che questo mondo chiama "arte", non è che sia tutto questo gran che... d'altra parte si sa, l'arte risiede negli occhi di chi guarda...

E' come un uragano

il sentimento che mi lega ai tuoi occhi...

non riesco a resistere al desiderio

che i ricordi trasportano delle nostre effusioni.

ti amo, perché quando la dolcezza gioca col tuo viso,

è privilegio, il mio, accarezzarti&sognare insieme

la nostra felicità.

nel percorrere il sentiero di una storia,

insieme, in questo selciato...

quando la musica si fa seria....

31 dicembre 2008 ore 15:30 segnala

menestrelli come meneguzzi, paola&chiara, nek, (e non mi basterebbe un sito intero da 5 giga... ma sono in un semplice post!!!) fateci la cortesia... visto che è stagione, andate a vendere le caldarroste

I have often told you stories
About the way
I lived the life of a drifter
Waiting for the day
When I'd take your hand
And sing you songs
Then maybe you would say
Come lay with me love me
And I would surely stay

But I feel I'm growing older
And the songs that I have sung
Echo in the distance
Like the sound
Of a windmill goin' 'round
I guess I'll always be
A soldier of fortune

Many times I've been a traveller
I looked for something new
In days of old
When nights were cold
I wandered without you
But those days I thougt my eyes
Had seen you standing near
Though blindness is confusing
It shows that you're not here

Now I feel I'm growing older
And the songs that I have sung
Echo in the distance
Like the sound
Of a windmill goin' 'round
I guess I'll always be
A soldier of fortune
Yes, I can hear the sound
Of a windmill goin' 'round
I guess I'll always be
A soldier of fortune

urban spirit...

29 dicembre 2008 ore 02:51 segnala
lungo le linee tratteggianti di strade cui non ricordo il nome, che la mia anima cercava le risposte ai soliti assordanti perchè. se Battisti proferiva la facilità di Mogol nel cercare la morte a fari spenti nella notte, le mie suole impregnate d'alcool, battevano il centro del battistrada senza un perché, senza una meta. il bene ed il male erano concetti troppo ardui, e la mia cirrosi riusciva vagamente ad afferrarne la diversità. solcavo asfalto che di giorno impazzava d'automobili, monossidi, anidridi, sorrisi, frenesia, mentre le casse battevano scontrini, e la falsità umana si scambiava auguri e prosperità. ora ero solo. nella mia solitudine schiacciavo sogni putridi di donne scosciate a vender l'anima appoggiate ad un pino, pusher ignobili che chissà dove, spacciavano porte effimere di felicità... ma torniamo a me, un piccolo scribacchino stanco della ripetitività dei suoi giorni, lasciato a lenire le proprie ferite in wisky on the rocks di una stupida bettola per beoni, fino a notte inoltrata. tradito da una compagna immaginaria, ed usato come un lercio canovaccio a suo piacimento. ispirazione. amica di sempre, compagna d'avventure, sogno sbiadito in una vita d'incubo. perchè lasci un tuo amante a tribolare nel grigio dei suoi perché. perché? negli angoli di un mondo che stancamente si trascina ogni giorno, accompagni i dissacratori della tua arte nelle mansarde della gloria... perché? eppure ci siamo trovati bene insieme. barcollo. nel mio barcollare le tratteggiate linee si son fatte doppie, ora curvano, ora mi lasciano leggere "stop". è questa la fine? tu non sei amica di nessuno, non puoi essere evocata, non sei uno spirito che risponde alle chiamate esoteriche, tu sei libera... ed in questa libertà io ti cerco, vorrei scendere a patti con te, rendermi alla tua mercé, ma non c'è modo. passi attraverso la mia intimità a tuo personalissimo diletto, seducendo ed abbandonando le mie membra bramose di te, ma inebriandomi e compiacendo le tue voglie, mi lasci nel desiderio... mi sono lasciato cadere al suolo freddo della notte, solo le decorazioni natalizie sembrano assecondare il mio delirio, mentre le immagini si sovrappongono vorticose nei miei occhi. vorrei vomitare, ma cerco di resistere, nel tentativo di trattenere brandelli della tua magia nei miei neuroni, ma morfeo si fa largo nel mio presente... invano cerco di sfuggire alla sua cattura, ma non c'è nulla da fare. d'un tratto una forza mascolina mi tira in piedi, il mio corpo sembra piombo, e le ginocchia faticano a trattenerlo; solo la forza di un amico riesce ora a tirarmi verso l'ermetismo della mia realtà. ubriaco e furibondo verso te ed i pensieri che stupidamente non sono riuscito a trattenere, ho fallito ancora, ma ti troverò spirito urbano, fosse l'ultima cosa che faccio...

it's time to realism&drama

20 dicembre 2008 ore 16:02 segnala
E mi sentivo soddisfatto, leggendo parole dall'indubbia verità oggettiva. una lacrima fendeva il mio viso cereo, mentre la carne intanto si faceva mano mano più algida... ormai giacevo riverso in quel sangue che odiavo e che mi stava abbandonando lentamente, come se lo spettacolo ormai volto al termine, mi stesse sfumando. "quel che è fatto, è fatto" ripeteva ad oltranza il mio cervello. quella mano destra, sempre meno mia, stringeva ancora rabbiosa il coltello che lacerando le carni, era arrivato al cuore. fredda lama di cui avvertìi solo il messaggio, ormai rapito da oscure forze che mi proiettarono in quel tanto ambito mondo parallelo, dal quale sapevo, non avrei fatto più ritorno...

La Fantasia

30 novembre 2008 ore 22:03 segnala
Corri, fuggi via...
ti passasse mai per la mente il concetto di fermarti qui.
Corri.
E quando sarai stanco, dà ancora gas alle tue scarpe.
Scappa, nasconditi, e bada bene di non farti trovare,
perché stanno venendo a prenderti.
Diffida della terza stella a destra,
prima che dritto fino al mattino sarai arrivato,
ti avran preso.
Quel posto lo conoscono già.
Cercheranno di farti dimostrare di essere,
ma non ascoltarli, tu sei, e loro non ti servono.
Ti stancherai, questo è vero,
ma chiudi gli occhi e idealizza il tuo paradiso,
o non ne avrai più il tempo.
Ti chiameranno; non voltarti.
Ti cercheranno per schematizzare il tuo io, non farti trovare.
Vorrebbero solo dare un nome alle cose,
classificando e incanalando il tuo pensiero
nei binari di questa folle società...
perchè in fondo, non è del tuo bene che s'interessano,
ma solo per trafugare quanto di dannoso tu possa avere per loro.
Tu, che calciando un pallone, sei sereno ed in pace con il mondo,
non permettergli mai di rubarti la tua fantasia....

Il Destino Dalle Macabre Occasioni (in 15')

25 novembre 2008 ore 02:20 segnala
Era d’inverno, o per meglio dire, era d’autunno; ma con il tempo impazzito dei nostri giorni, le mezze stagioni hanno pensato bene di fare le valigie ed andare a convivere con i rispettivi partner. Maria, era lì: occhi grandi come la luna piena, perché gonfi di lacrime senza pianto. Aveva affrontato mezz’ora di automobile ponendosi domande senza risposta a cui sommarie interpretazioni si accavallavano distruggendosi, prima di arrivare su quel promontorio dove Andrea le chiese per la prima volta di fare l’amore. La sporgenza di quella roccia chiedeva al mare d’incontrarsi, così romanticamente, il cuore di un giovane innamorato fece altrettanto con lei, la sua bella. Maria stringeva forte il ritratto che un’artista di strada aveva disegnato, ritraendoli insieme in una vivace giornata romana, fra il caos ed i monumenti che magistralmente sa offrire la città eterna. Un grande cuore in neretto sbucava dietro le loro teste sfumate di matita, come a voler significare “destino”, in quell’intreccio magico ed inspiegabile del sentimento. Ora era lì, con negli occhi l’orizzonte celeste di un mare che le sembrava infinito, e nei pensieri la forza di un amore che non ebbe nemmeno il coraggio di vestirsi per un addio. Sola, rimirando quel disegno che li vedeva felici insieme, si perse nei ricordi. Vivido nella sua mente lo sguardo emozionato e caldo di Andrea, che ruppe l’imbarazzo di quella scomoda domanda con un bacio. Labbra cariche di voglia che intrecciandosi alle sue, sciolsero Maria come plastica bruciata quando lui, in preda ad i suoi istinti, le sussurrò “voglio fare l’amore con te”. Si sentì un fuoco, un turbine voglioso che si lasciò avvolgere dalla reazione opposta, avvinghiandosi come serpenti nel barattolo del loro amore. Ormai era sola. Andrea venne portato via da un’ambulanza anonima, come quelle che si sentono di tanto in tanto nella notte, portato senza speranza, all’appuntamento con l’ultima stazione per le anime che cercano la fuga e che qualche volta ci ripensano… lui non lo fece. Un’automobile che si accorse in ritardo del semaforo rosso si sporse decisamente verso il centro dell’incrocio, dove Andrea frettolosamente si accingeva ad attraversare. L’urto fu inevitabile, e l’airbag fece il suo dovere, ma sarebbe filato tutto liscio se avesse indossato la cintura, cosa che non avvenne. L’impatto fu duro, e venne proiettato in avanti dalla forza di collisione scaturita, mentre dal verso opposto il pallone d’aria si gonfiò rompendogli l’osso alla base del collo: non c’era nulla da fare. Il mondo di Maria si rovesciò al tempo stesso che la cornetta riportò la voce della polizia, ed informata dell’accaduto iniziò a piangere. La paletta della sua storia, aveva ormai scaricato il tutto nel cestino. Ora tutte quelle sensazioni convogliarono in lei, mentre con una pietra appuntita si era avvicinata ancora di più alla sporgenza, solo perché c’era una minuscola area con del terriccio. Disegnò un cuore bello scavato in quella terra con tutta la forza rabbiosa di cui disponeva… solo Dio e nemmeno lei, sapevano quanto odio covava nel cuore, un odio incosciente verso quella donna stupida e distratta, che al posto di guidare con gli occhi sulla strada, si lasciò pilotare dalla sua iniquità per strappare alla vita il suo Andrea. Scavò quel cuore guardando il disegno, il viso di lui sembrava più quieto del solito e le sembrò come se avesse voluto un bacio. Con le palpebre pesanti e la bocca tremula, Maria si avvicinò pian piano il disegno alle labbra, dalle braccia tese fino alla bocca; una lacrima nel frattempo le tagliò in due la guancia sinistra. Era il giorno del loro anniversario di nozze, ma il dolore non compiva celebrazioni, i pensieri non lasciavano spazio al perdono, le sue membra tremavano alla sola semplice raffigurazione del proprio amato nel ricordo del loro ultimo incontro su questa terra. “ti amo” le disse lui lasciandosi la porta alle spalle, ed accendendo l’auto sorrise alla sua Maria che dietro i doppi vetri della finestra si affannava a mandargli dei baci. Avrebbe potuto, anzi avrebbe dovuto dirglielo, non doveva aspettare un’occasione particolare per informarlo… e così la perse per sempre. Era incinta da cinque mesi ormai, ed altrettanti giorni aveva passato il tempo a chiedersi come avrebbe reagito lui a quella notizia. Il mare menefreghista continuava il suo moto continuo, mentre la sua superficie sembrava carta crespa da strappare. Riprese a scavare nuovamente quel cuore con rassegnazione, ed il mondo poteva pure andarsene a puttane che tanto lei sentiva di aver perso tutto; il bambino che portava in grembo sentì di odiarlo con tutta se stessa, perché si nasce da un gesto d’amore… quale amore poteva mai dare, se aveva perso per sempre il suo? In piedi nuovamente su quella sporgenza, pensò ad Andrea, ed il suo grido disperato gli apparve dinanzi a quegli occhi gonfi di dolore. Poté avvertire le sue mani calde scostarle la giacca ed impattare fredde sulla sua vita, si sentì come sopraffare il viso, di una presenza… ma era solo il gelo della solitudine e quella presenza era un alito di vento che le scompigliò i capelli. In questo giro di emozioni, fece un piccolo passo in avanti, come a voler dire “non andare”, la sporgenza impietosa le ricordò che a tutto c’è una fine e nel suo perdere l’equilibrio scivolò, ma riuscì a non cadere nel baratro. Cadde all’indietro come un bimbo che perde la stabilità; cadendo però, andò a battere la nuca sulla pietra appuntita che aveva utilizzato per disegnare. Sola e senza possibilità d’aiuto, svenne; il cuore prese a riempirsi del suo sangue, mentre esanime alzò una mano al cielo. Quando il sangue defluito si congiunse riempiendo il cuore, forse quei due innamorati avranno ripreso il loro cammino insieme, in qualche universo parallelo; ma nel  nostro mondo, una nuova bara ed una foto, trovarono posto nel cimitero della città.

non è definitivo, ma potrebbe essere la base di qualcosa... d'altra parte in 15min non è che potevo scrivere il decameron!!!

La Danzatrice Dalle Gambe Fini.... (scritto in10')

25 novembre 2008 ore 01:59 segnala
Un giorno mi trovai a passeggiare per le strade puzzolenti di pioggia della mia città. C'è chi ama rifugiarsi nei guardi e nella complicità di una montagna; chi si raccoglie in casa propria in musiche new age; ed altri che mettono su l'i-pod, una tuta, e vanno a perdere i loro pensieri passo dopo passo in una salubre corsetta. Molte sono le cose che si fanno per stare bene, dal mio canto, io amo camminare e vivere ogni minima goccia vitale che si respiri. Quel giorno attraversai dei quartieri nei quali non avevo mai solcato il passo. Di fronte ad un garage, dei ragazzini ne facero una porta, nel solito riempir di calci un pallone. Da un cortile limitrofo una timida musica classica si faceva spazio fra gli schiamazzi di un goal o di un'azione dubbia. La curiosità s'impossessò del mio futuro prossimo. Un lettore cd portatile emanava melodie, mentre le note di Chopin venivano diffuse nelle orecchie di quattro piccole scolarette dagli occhi di ammirazione, verso il centro. Nel mezzo una ragazzina volteggiava su quelle sonorità intime, frapponendosi agli occhi lucidi delle amichette. Sinuosa contorceva quelle gambe sottili avvolte da un panta-jazz chiaro. Sorrideva, compiacendosi del suo fluttuare armonioso e leggiadro, assecondando le note come una foglia d'autunno ai capricci del vento. La madre di quello splendido cigno danzante s'affacciò d'improvviso dal balcone, sbraitando come un'ossessa. Fermò quell'incanto danzante al pari di un cucchiaio sbattuto ripetutamente su di una pentola. Una parte di lei forse vorrebbe crederle, ma prevalse l'altra, più concreta e razionale, ridicolizzandola di fronte alle compagne e gettandola in lacrime, facendola correre via in casa, in preda alla vergogna. Frédéric Chopin continuava ad intersecar note che d'un tratto si fecero tristi, come degna descrizione di una poesia che al suo apice si trova priva di parole... Afonia disarmante che veniva rotta solo dai suoni di un pianto. Com'è triste non aver l'appoggio di chi ti vuole bene. Basito ripresi a camminare, ma negli occhi non riuscivo a lavare l'offesa di quelle gambe fini, dalle diamantate lacrime che brillavano su gote di speranza...

a tutti coloro...

24 ottobre 2008 ore 20:38 segnala

a tutti coloro che vivono una vita fatta solo di materia, per la materia, nella materia. anche Chaplin in Tempi Moderni ne ha fornito una geniale interpretazione, ma questa resterà nella top ten generazionale di milioni di persone...

non si vive di solo pane. si lavora per vivere; non si vive per lavorare.