Da qualche anno seguivo un'artista canadese molto brava su Instagram, qinniart.
Qiang è morta il 10 febbraio.
Dopo 4 operazioni al cuore, le è stato diagnosticato un cancro terminale alla fine del 2019.
Aveva quasi la mia stessa età: 29 anni.
Anche se era malata da tempo, ho sempre ammirato la sua affabilità e la sua ironia nel parlare dei suoi problemi e del dolore. Forse riusciva ad essere così leggera perché sapeva far uscire, visivamente, quello che aveva dentro. Sosteneva infatti che la depressione di fronte a queste difficoltà e terrori profondi fosse una ottima ispirazione per la sua arte, e che fosse terapeutico rovesciarle sulla pagina bianca.
La prima volta che vidi i suoi disegni capii istintivamente che l'ispirazione le fosse arrivata da un certo luogo, che forse tutti abbiamo visitato, di tanto in tanto, facendo i conti con la nostra mortalità.
Ma, allo stesso tempo, le sue illustrazioni sono sempre state vibranti di una dolcezza infinita: tenui, delicate e bellissime.
Eccone alcune.
Instagram
Deviantart
Patreon
Immagine Residua
14 febbraio 2020 ore 12:42 segnala7c502413-abff-4ad3-befa-e91d982481c5
Da qualche anno seguivo un'artista canadese molto brava su Instagram, qinniart.
Qiang è morta il 10 febbraio.
Dopo 4 operazioni al cuore, le è stato diagnosticato un cancro terminale alla fine del 2019.
Aveva quasi la mia stessa età: 29 anni.
Anche se era malata da tempo, ho sempre ammirato la...
Post
14/02/2020 12:42:06
none
- mi piaceiLikeItPublicVote6
- commenticommentComment2
Daijobu
20 agosto 2019 ore 03:39 segnalaSolitamente, l'estate, proprio non la sopporto.
Mi chiudo in casa ancora più del solito, mangio pochissimo; ventilatori e condizionatori mi indolenziscono e a causa del caldo dormo in modo irregolare, passando il resto del tempo con dei mal di testa atroci.
Luglio è iniziato sotto i peggiori auspici, con una serie di problemi a cascata, proprio durante quei giorni di calura ed umidità impossibili. Sembrava di trovarsi nel febbricitante flashback di un reduce del Vietnam, l'Arno trasformato nel delta del Mekong, con l'aria immobile a sfidare qualsiasi tentativo di varcare la soglia di casa.
Alla fine è arrivato un weekend di vento, ad abbassare la temperatura di quasi dieci gradi, e le mie due inquiline sono volate con esso verso casa propria all'inizio di agosto. Padrona della casa finalmente vuota, mi sono aggirata per un po' come uno spettro prima di prendere confidenza con gli spazi di solito condivisi. Li ho puliti. Da sola, con i miei tempi, senza lo stress di dover finire prima che rientrasse qualcuno. Finite le cose commestibili rinvenute nello stanzino, ho fatto la spesa. Per ridurre le uscite, ho pianificato pranzi e cene. Ho acceso candele alla citronella nella luce strana delle sere estive, con il cielo blu e l'aria che vibra sempre di qualche festa lontana, canzoni o risate di una cena in terrazza.
Forse prendermi cura di me stessa e del mio ambiente in questo modo mi ha fatto meglio di quanto pensassi. Sto macinando serie tv e sono in pari con tutti gli anime che mi interessano di questa stagione estiva. Mi sono addirittura decisa a guardare uno di quelli particolarmente lunghi che ho in lista da un'eternità, ma che non inizio mai perché ho sempre paura che mi verrà a mancare la costanza per seguirlo... e sono quasi alla fine, avendolo apprezzato moltissimo. E poi ho scoperto Sora yori mo Tooi Basho, della scorsa stagione invernale, ambientato paradossalmente in Antartide, che mi ha particolarmente commossa in un modo sano e liberatorio ed è finito immediatamente nella mia lista dei preferiti.
Non mancano, ovviamente, delle ombre. Gli amici che tornano per le vacanze sembrano impossibili da vedere. Altri mi escludono automaticamente da cose che potrei fare anche io con loro, e anche se non dico niente non riesco a non prendermela e rimuginare. Per questo a volte sono stata nervosa: sveglia nella tenue frescura dell'alba, mi sono impuntata, come al mio solito, in lunghi monologhi litigiosi su whatsapp, per imporre la mia opinione, proprio con le poche persone con cui non vorrei mai litigare.
La mia stanza è un caos informe per i tentativi di attività inusuali, fra libri e tablet dispersi, cuffie e quaderni, penne e pennarelli, e abiti da lavare buttati in giro.
Di notte, mentre aleggia lo spettro dell'odore delle candele e io non riesco a dormire, mi è anche presa la malsana abitudine di cercare, su youtube, scene di anime e film che mi hanno particolarmente commossa. Ho scoperto che, quando sono nervosa, mi fa bene cercare di condensare tutto in un groppo in gola, per poi piangerlo fuori. Allora mi addormento, cullata dal brusio del condizionatore.
54cad8e4-daf4-43f2-a78b-323a0c832ded
« immagine »
Solitamente, l'estate, proprio non la sopporto.
Mi chiudo in casa ancora più del solito, mangio pochissimo; ventilatori e condizionatori mi indolenziscono e a causa del caldo dormo in modo irregolare, passando il resto del tempo con dei mal di testa atroci.
Luglio è iniziato sotto i p...
Post
20/08/2019 03:39:02
none
- mi piaceiLikeItPublicVote5
- commenticommentComment2
Natale con i tuoi
31 dicembre 2017 ore 03:12 segnalaQueste feste sono state una strana sarabanda di pranzi e cene in famiglia.
Sono stata seduta a tavola con i parenti un numero imprecisato di ore, osservandoli mentre si divertivano come si potrebbero guardare dei pesci in un acquario: incantata, cercando di cogliere i colori e i ritmi di quel mondo attraverso una parete trasparente.
Da dove venga questa parete che mi divide da loro, me lo sono chiesta più volte. Quale fra le mie diversità e stranezze mi taglia fuori da tutte le conversazioni e i rapporti di un pranzo conviviale?
Una educazione diversa, con uno humor che non recepiscono?
O sono loro stessi che, a causa delle mie difficoltà passate, mi trattano come se fossi di vetro?
Forse è un misto indecifrabile di stonature che mi porto addosso e al pari di un odore fra animali, mi marchia come esterna al branco.
Sono introversa. Ma con alcune persone che conosco da una vita, come mia cugina, vorrei poter mettere da parte tutti gli anni che ci hanno divise, senza trovare questa barriera invisibile.
Invece fra i miei parenti in queste situazioni mi sento come uno strano oggetto che loro non sanno come maneggiare. Mi rivolgono un paio di frasi molto caute, poi non capiscono se le mie sono risposte o battute o forse il linguaggio senza senso di una pazza.
Quello che dico viene accolto spesso da un silenzio di valutazione; strappo una risata se l'intento è chiaramente “comico”, ma è come se ci fosse ogni volta uno sforzo di traduzione da parte loro.
Alla fine ripiego sempre nel mio ruolo, la ragazza taciturna e strana. E' comodo: posso battere in ritirata sul divano in barba a tutte le convenzioni sociali, e nessuno mi dice niente.
Sono comunque abbastanza fortunata, mi rendo conto, ad avere una famiglia ridanciana ancora intorno anno dopo anno e quasi al completo, pure se ognuno è sempre più carico di acciacchi e problemi. Alla fine sono argomenti in comune.
Anche se la vivo da spettatrice. E' un posto come un altro.
c64a0599-9eb5-4edc-a1df-82dca983dd33
« immagine »
Queste feste sono state una strana sarabanda di pranzi e cene in famiglia.
Sono stata seduta a tavola con i parenti un numero imprecisato di ore, osservandoli mentre si divertivano come si potrebbero guardare dei pesci in un acquario: incantata, cercando di cogliere i colori e i ritm...
Post
31/12/2017 03:12:21
none
- mi piaceiLikeItPublicVote2
- commenticommentComment2
Holy, holy night
22 dicembre 2016 ore 05:11 segnalaMi ricordo un natale di quando ero piccola: non più di sei anni e una fede grande come tutto il mondo in Babbo Natale. Aspettavo di ricevere una casetta di Polly Pocket, che mia cugina più grande già aveva e di cui ero gelosissima. Ho qualche lampo di ricordi: le vecchie luci grosse e rotonde dell’albero, brillanti nella loro alternanza di colori caldi e freddi, i bulbi incrostati di neve artificiale; i miei genitori che sorridevano molto di più, mio papà con i baffi e dei bei capelli neri; soprattutto ricordo il profumo delle bucce d’arancia lasciate a scaldare sulla piastra del fornello, come usava fare mia mamma. L’inverno sembrava più freddo ed il buio della sera avrebbe nascosto qualsiasi magia: una bambina come me non doveva vederla, solo trovarla realizzata nella solida luce del mattino.
Con la faccia appiccicata al vetro della finestra, scrutavo fuori nella strada di fronte alla casa dove abitavamo allora.
Subito oltre un piazzale con poche macchine parcheggiate, lo sguardo si perdeva nell’oscurità della campagna circostante che diventava tutt’uno col cielo notturno, costellata di punti gialli, finestre lontane. Ogni luce di automobile, che si muoveva rapida e intermittente dietro ai filari degli alberi lungo la strada, aveva un che di magico e misterioso, perché la mia eccitazione di bambina non poteva che ricollegarle a Babbo Natale, alle incomprensibili dinamiche del suo movimento.
Ripenso spesso a quella sensazione, a quello sguardo nel buio con il suo carico di aspettativa.
È l’unico momento di cui ho ricordo in cui ho creduto veramente nell’esistenza di qualcosa di magico, con una fede autentica, di quelle che colorano il mondo con la loro certezza.
Ricordo un altro natale. Tredici o quattordici anni e già non credevo più nella magia, anche se forse c’era ancora in me la voglia, almeno, di sperare. Sai, l’idealismo assurdo di quell’età, che mantieni un po’ per sfida nei confronti di adulti che sembrano averlo ormai perso.
Ricordo la cantina di un amico, con mobili di legno massiccio che profumavano di lacca, e l’odore troppo dolce di quei profumi terribili che si trovavano nelle riviste per teenagers.
A Silvia, la mia migliore amica, piaceva Simone, che era già in terza superiore. A me stava simpatico Alessandro e fingevo con lei che mi piacesse sul serio, quando in realtà sia io che lui sapevamo di essere piuttosto indifferenti l’uno all’altra da quel punto di vista. Più che altro ci scambiavamo cd ed mp3, perché ci piaceva quasi la stessa musica. Daniele era l’elemento slegato di questa implicita doppia coppia, ma noi ragazze lo sopportavamo per rispetto di quella strana legge atomica che lo legava agli altri due elementi. Quella sera non successe niente di memorabile: nessun momento topico, come avrebbe richiesto la sceneggiatura di un film, nè un ricordo indelebile legato alla nascita di un soprannome; nessuno scherzo che ricordiamo ancora oggi. Neppure un memento, perché persino la consuetudine di scambiarsi un regalo fra noi sarebbe nata solo qualche anno più tardi. L’unica cosa che lega tutti i frammenti di memoria di quella vigilia è il ricordo, forse aggiunto a posteriori, di una sensazione di libertà. Sospesi nel tempo in un eterno presente, con la possibilità, ancora, di essere tutto. È anche questa una magia a cui credevamo, a quell’età.
È quasi la vigilia di Natale e guardo fuori dalla finestra adesso, nell’oscurità di un giardino poco curato e nella stasi di una stradina stretta e deserta, illuminata duramente dalla luce bianca dei lampioni, che le auto parcheggiate catturano e restituiscono indifferenti. Riflessi metallici di colori monotoni. Anche i muri delle vecchie case sono desaturati, pallide sfumature di grigi che conferiscono loro un’aria abbattuta. Le finestre chiuse o spente, come palpebre abbassate od orbite vuote.
Qua fuori, nella luce elettrica, non c’è rimasto più niente di magico. Concreti asfalto e mattone e metallo, e nessuna renna volante nascosta nella cappa buia del cielo, solo la nozione di un sottile guscio d’aria, e oltre, distanze incommensurabili di freddo assoluto. Persi nel vuoto senza fine non luci ma altri agglomerati di pietra e metallo, uguali al nostro, a vorticare velocissimi ma senza neanche accorgercene in un cosmo tanto vasto quanto indifferente.
Senza più magia veniamo riconsegnati a noi stessi, strani atomi animati brevemente da una scarica elettrica, che inventano regole perché troppo atterriti di fronte al vuoto di senso di tali immensità.
Sul vetro buio della finestra si riflettono le luci colorate del mio piccolo albero. Anche se vivo da sola e qui non viene quasi nessuno, lo faccio sempre, più che altro per me. Mi trasmette calore. Mi ricorda con nostalgia l’anticipazione per la magia autentica a cui credevo di assistere.
A quanto era bello non sapere niente, non aver ancora vissuto.
80ee848f-d04e-418c-b0ec-ffa4bf521682
« immagine »
Mi ricordo un natale di quando ero piccola: non più di sei anni e una fede grande come tutto il mondo in Babbo Natale. Aspettavo di ricevere una casetta di Polly Pocket, che mia cugina più grande già aveva e di cui ero gelosissima. Ho qualche lampo di ricordi: le vecchie luci grosse ...
Post
22/12/2016 05:11:24
none
- mi piaceiLikeItPublicVote7
- commenticommentComment3
Free hugs
13 gennaio 2016 ore 13:25 segnalaA causa di problemi psicologici di diversa natura e una profonda antisocialità, il contatto fisico con le persone per me è un mix di disagio, imbarazzo e fastidio.
Queste festività sono quindi riassumibili in una serie di impacciate ritirate e timide, educate schivate di abbracci e baci sulle guancie, un vero e proprio assalto coordinato di parenti e amicizie che sembra non vedano l'ora che arrivi la stagione natalizia per profondersi in questi assurdi gesti di facciata.
E poi mia cugina.
Incinta, ideale centro del focolare famigliare, dopo la cena con i suoi e i miei genitori e nonni, mi raggiunge sul divano scoppiando la mia bolla di isolamento e mi si siede accanto, mentre io cerco allo stesso tempo di fondermi con il bracciolo del divano ed entrare fisicamente nello schermo dello smartphone.
E dopo un po' che è seduta lì, abbioccata dal brusio delle chiacchiere, come se niente fosse appoggia il suo peso contro di me e la sua testa sulla mia spalla.
Questa persona con cui avevo un legame fortissimo, ma quindici anni fa.
Ed è un abisso di tempo.
Mi manca il collegamento logico con la bimba con cui giocavo da piccola, con cui davvero scambierei volentieri un abbraccio.
Riesco a sentirne la mancanza, nello stesso tempo in cui mi preme addosso con il suo peso, il suo calore e la sua realtà.
Dove ci siamo perse? Dov'è stata questa persona negli ultimi... dieci, quindici anni della mia vita?
...
784110d0-7d45-4f1b-b091-6c50c40830b4
« immagine »
A causa di problemi psicologici di diversa natura e una profonda antisocialità, il contatto fisico con le persone per me è un mix di disagio, imbarazzo e fastidio.
Queste festività sono quindi riassumibili in una serie di impacciate ritirate e timide, educate schivate di abbracci e...
Post
13/01/2016 13:25:13
none
- mi piaceiLikeItPublicVote5
- commenticommentComment
Quiet shout-out
19 settembre 2015 ore 02:29 segnalaNon racconto più a nessuno di come mi sento, è qualcosa che ormai non riesco più a fare. Le mie insicurezze e paranoie stanno raggiungendo nuove vette, i canali di sfogo ormai sono tutti arrugginiti o rotti, quindi tutto quanto resta dentro di me.
Vedo delle nuvole scure all'orizzonte, so già che sarà un inverno di pioggia fitta.
Sento che sto scivolando verso quello stato di torpore mentale che mi è odiosamente familiare. Ho l'impressione che questa volta ci resterò insabbiata più a lungo. Chissà...
Forse alcuni di noi, semplicemente, non sono fatti per stare bene.
Credo che sia un modo che ha l'universo per bilanciarsi... stupidaggini karmiche, ma guardando fuori a volte sembra proprio così.
Non vorrei essere così negativa, ma non vorrei essere neanche tante altre cose, che invece sono.
E non si tratta di scelte.
E' un po' strano scrivere certe cose, e forse un po' stupido... un incidente di frasi slegate, poco comprensibile; un po' il ritratto di come mi sento.
Quindi... non so. Spero esista qualcuno che, leggendo, pensi di aver capito.
A chi, ogni volta che ci prova, sembra ritrovarsi in una situazione peggiore.
A chi non ha la forza per staccarsi dai suoi pensieri e andare a vivere sul serio, a fare qualcosa di concreto.
A chi non ha più un'autostima e odia lo specchio, a chi sta male da solo e in silenzio.
A chi è depresso in qualsiasi forma e modo, perché non si possono davvero fare grandi distinzioni.
Proverò a dormire. Non vedo l'ora di svegliarmi e odiare me stessa anche domani.
f9d03e09-f68f-4f64-ac80-2ca729b53190
« immagine »
Non racconto più a nessuno di come mi sento, è qualcosa che ormai non riesco più a fare. Le mie insicurezze e paranoie stanno raggiungendo nuove vette, i canali di sfogo ormai sono tutti arrugginiti o rotti, quindi tutto quanto resta dentro di me.
Vedo delle nuvole scure all'orizzonte...
Post
19/09/2015 02:29:58
none
- mi piaceiLikeItPublicVote6
- commenticommentComment4
...Of the Valley of The Wind
05 marzo 2015 ore 17:33 segnalaQuesta notte Pisa è stata funestata da un vento incredibile.
Ha battuto sulle finestre come un animale feroce e instancabile, tenendo tutti svegli per ore, ognuno immerso nel proprio buio.
Il paesaggio familiare della strada di fronte a casa, questa mattina, era quasi lo stesso di sempre, non fosse stato per certi particolari fuori posto.
Gli alberi e le siepi ancora piegati e visibilmente sfoltiti, con i rami e le foglie strappati a forza e sparsi ovunque. Un motorino sdraiato sul fianco, scomposto. Il cartello dell'attraversamento pedonale stranamente piegato a guardare verso l'alto.
Foglie morte e aghi di pino, ammucchiati in balle disomogenee, tappezzavano l'asfalto e venivano trascinati qua e là dalle poche auto che passano di fronte alla mia finestra.
E in tutto questo sfacelo apparente, le persone ripetevano gli stessi gesti di ogni giorno.
La replica di ogni mattina è andata in scena sul palcoscenico in disarmo. Stretti nei loro piumini, mani in tasca e cappuccio ben saldo in testa, gli attori erano distratti al massimo da qualche ultima raffica di vento che distrubava il loro equilibrio.
La giornata è schiarita, è tornato il sole nel pomeriggio.
La torre pende ancora, né più, né meno di prima.
Degli aghi di pino, le foglie, i rami che questa mattina coprivano l'asfalto e rendevano l'atmosfera desolante, ne sono rimasti così pochi che pensereste sia un giorno normale. Il grosso dello sporco si è ritirato fuori scena, forse per volontà propria, o forse sarà sparito come per magia.
ede714b5-b89d-43d1-ae8e-a5621b9bf367
« immagine »
Questa notte Pisa è stata funestata da un vento incredibile.
Ha battuto sulle finestre come un animale feroce e instancabile, tenendo tutti svegli per ore, ognuno immerso nel proprio buio.
Il paesaggio familiare della strada di fronte a casa, questa mattina, era quasi lo stesso di s...
Post
05/03/2015 17:33:25
none
- mi piaceiLikeItPublicVote7
- commenticommentComment2
Out of this world
29 novembre 2014 ore 04:24 segnalaSono rimasta senza amici vicini. Hanno inseguito la loro vita all'estero: Francia, Inghilterra, America e addirittura Australia. Il che ha qualcosa di ironico nei miei confronti, che sono impossibilitata a muovermi per lunghe tratte e stare molto lontana da casa.
Certo si fa di tutto per compensare la solitudine: lunghe chiacchierate via Skype previ funambolismi di fuso orario, si scambiano pensieri con sconosciuti via forum o tumblr tematici, si accede ad una chat.
Il tutto confinato in internet, dalla comodità della mia camera, da dietro un computer, da dove posso essere giudicata per quello che esprimo e non per come sono. Tutto più semplice e alle mie condizioni. Ogni volta che esco, la presenza imposta o lo sguardo di questo o quello sconosciuto mi avviliscono, o mi irritano, o mi fanno diventare matta e insofferente: perché non posso inquadrare le persone in una finestra, da chiudere con un clic non appena una frase o un atteggiamento guastano l'atmosfera?
La rete ha questo vantaggio.
Fino a poco tempo fa ero convinta che la rete avesse soltanto vantaggi.
Poi, alcune conoscenze, quasi anonime, sono diventate persone care. Peggio ancora, quelle che lo sarebbero diventate, se non fossero state risucchiate di nuovo in questo mare di facce e frasi disincarnate, senza lasciare una sola traccia.
Ogni persona un microcosmo, attraverso lo schermo arrivano ispirazioni artistiche, o di vita, di modi di pensare così lontani dal mio... volti di persone uniche e così tanto, così tanto interessanti...
Ma confinate dietro il monitor: anche loro distanti, in Inghilterra, America, Norvegia... la rete è un'illusione di vicinanza, e questa illusione può dissolversi in un attimo.
A volte qualcuno è così particolare e diverso che fa quasi male essere relegata in questo ruolo di timida spettatrice. La vita lascia segni di frustate a qualcuno, ad altri carezze amorevoli che levigano il viso e lo rendono di porcellana: bellissimo. E parlando con loro si infrange l'illusione invidiosa che siano persone vacue o poco dotate artisticamente, come per compensare in qualche modo i tratti positivi regalati dal destino. Non è così. Ci sono ragazzi e ragazze fantastici, che rendono la propria vita un capolavoro. E a volte mi brucia il desiderio di farne in qualche modo parte.
Mi spronano al divenire, a modellare con fatica l'argilla indurita di cui sono fatta, imparando a curare di più me stessa, a minimizzare problemi, a gettarmi in qualcosa in cui non sono portata... Sono sforzi vani, motivati solo da una folle, folle voglia di essere una persona diversa, di entrare in un mondo che non è il mio. Di bruciare le mie ali in un sole che rimarrà per sempre troppo distante.
9a841e41-0e83-41ed-a20c-7f6f7342b67b
« immagine »
Sono rimasta senza amici vicini. Hanno inseguito la loro vita all'estero: Francia, Inghilterra, America e addirittura Australia. Il che ha qualcosa di ironico nei miei confronti, che sono impossibilitata a muovermi per lunghe tratte e stare molto lontana da casa.
Certo si fa di tutt...
Post
29/11/2014 04:24:31
none
- mi piaceiLikeItPublicVote27
- commenticommentComment11
Panta rei
17 agosto 2014 ore 17:46 segnalaA volte mi sorprendo di quanto siamo resistenti.
Il nostro corpo si spezza ma le ossa si rinsaldano, nel tentativo disperato di funzionare di nuovo.
La pelle lacerata si ricongiunge, il lembi si baciano e si fondono per proteggere quello che c'è sotto.
Allo stesso modo le ferite interiori vengono sepolte sotto nuove esperienze, messe in prospettiva nel tempo.
La mancanza di qualcuno scompare nell'abitudine delle giornate senza di lui, la voragine che ha lasciato è ricoperta poco a poco.
La nostra maledizione è che proseguiremo sempre avanti, e ci adatteremo sempre al nuovo. Nessuna meraviglia rimane tale a lungo, nessuna emozione sarà sempre dissetante.
Induriti, sforacchiati, menomati, l'unica scelta che ci viene offerta dalla nostra stessa natura è di proseguire sempre avanti
9685fa24-998e-4ffb-9e0d-c358ce5901d6
« immagine »
A volte mi sorprendo di quanto siamo resistenti.
Il nostro corpo si spezza ma le ossa si rinsaldano, nel tentativo disperato di funzionare di nuovo.
La pelle lacerata si ricongiunge, il lembi si baciano e si fondono per proteggere quello che c'è sotto.
Allo stesso modo le ferite in...
Post
17/08/2014 17:46:41
none
- mi piaceiLikeItPublicVote9
- commenticommentComment9
Blog Info
Visite totali: | 3.451 |
Post scritti: | 9 |
Scrive dal: | 17/08/2014 |
Coinvolgimento: | 103 (alto) |
Passa parola
fai conoscere questo blog ai tuoi amici,
usa i social tools qui sotto.