Il 23 marzo 1919, a piazza San Seplocro, a Milano, venivano fondati i Fasci di Combattimento, nucleo primigenio di un fascismo, nato dal matrimonio celebrato in trincea, con spirito e sangue, tra futurismo, arditismo e sindacalismo rivoluzionario.
Il suo motto, “me ne frego” era stato scritto, come ebbe a dire Mussolini, sulle bende delle feirte con il sangue delle ferite.
Il fascismo rappresenta, a tutt'oggi, la più giovane, la più recente, la più attuale espressione politica. Nata almeno settant'anni dopo l'ultima espressione precedente, eretica, pragmatica e volta al futuro, la concezione politica fascista è, oggi come ieri, di avanguardia e, oggi come ieri, è la sola ad offrire risposte sia immediate, parziali, episodiche, che sistemiche, organiche e futuribili.
Malgrado una guerra mondiale mossa contro il fascismo e i popoli dal crimine organizzato, dalle banche, dalle oligarchie e dalle mafie, una guerra mondiale che ha prodotto decine di milioni di morti e ha inginocchiato l'Europa e schiavizzato il mondo, ogni giorno che passa il fascismo è più attuale e presenta risposte efficaci e condivisibili al disastro generalizzato. Risposte efficaci e condivisibili che non si fondano sul rifiuto refrattario e codino dell'attualità ma sulla sua trasformazione nel nome di una gestione efficace, volontaristica, etica, spirituale, comunitaria e, soprattutto, virile.
Mentre l'antifascismo boccheggia e agonizza invischiato nei disastri assoluti che ha prodotto e il fascismo si dimostra sempre più attuale e salutare, riteniamo utile riproporre il documento storico del suo primo programma. Che, come è proprio della mentalità fascista, è appunto un programma, dunque modificabile, interpretabile e riscrivibile, e non un dogma di eunuchi.
Italiani!
Ecco il programma nazionale di un movimento sanamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore, perché antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti. Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali ecc. li tracceremo quando avremo creato la classe dirigente.
Per questo noi vogliamo
Per il problema politico:
a) Suffragio universale a scrutinio di lista regionale con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.
b) Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni; quello per i deputati abbassato ai 25 anni.
c) L'abolizione del Senato.
d) La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.
e) La formazione di Consigli nazionali tecnici del lavoro, dell'industria, dei trasporti, dell'igiene sociale, delle comunicazioni ecc. eletti dalle collettività professionali e di mestiere, con poteri legislativi, e col diritto di eleggere un Commissario generale con poteri di Ministro.
Per il problema sociale
Noi vogliamo:
a) La sollecita promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.
b) I minimi di paga.
c) La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell'industria.
d) L'affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.
e) La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.
f) Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sull'invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite di età proposto attualmente da 65 anni a 55 anni.
Per il problema militare
Noi vogliamo:
a) L'istituzione di una milizia nazionale con brevi periodi d'istruzione e compito esclusivamente difensivo.
b) La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.
c) Una politica estera nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni pacifiche della civiltà la nazione italiana nel mondo.
Per il problema finanziario
Noi vogliamo:
a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera e propria espropriazione parziale di tutte le ricchezze.
b) Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense vescovili, che costituiscono una enorme passività per la Nazione, e un privilegio di pochi.
c) La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell'85% dei profitti di guerra.
Fondazione dei FASCI DI COMBATTIMENTO
23 marzo 2012 ore 12:33 segnalab9e17f55-df20-4e54-a1bc-7a9510d87428
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FASCISMO STILE DI VITA
05 febbraio 2012 ore 16:53 segnala
Il fascismo instaura, a partire dal 3 gennaio 1925, un regime di governo dittatoriale, che si propone di mutare il modo d'essere e comportarsi degli Italiani, in definitiva il loro stile di vita, per uniformarli al modello sociale ed etico dettato dell'ideologia fascista.
Il regime guida gli Italiani verso la conformazione a ideali quali il nazionalismo, il patriottismo, il militarismo, l'atletismo, l'eroismo, l'autoritarismo, l'esaltazione della civiltà romana e dell'idea della virilità nonché la disapprovazione per taluni aspetti tipici della società borghese, modello sociologico tipico del capitalismo, rispetto al quale il fascismo vuole presentarsi come terza via.
Obiettivo finale è la creazione di un nuovo tipo d'uomo, destinato, negli auspici del regime, a guidare l'Italia e Roma a nuovi fasti imperiali.
I simboli del fascismo
Distintivi da giacca: a sinistra quello del Partito Nazionale Fascista. A destra quello dell'Opera Nazionale Dopolavoro
Donnas:Le facciate di molti edifici vennero usate per esibire motti propagandistici del regimeAgli Italiani è insegnato a riconoscersi in simboli come il fascio littorio, portato dagli uomini come distintivo a spilla sul bavero sinistro della giacca, e la camicia nera, indumento della divisa della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale e più in generale indossato da coloro che apertamente desideravano mostrare la loro adesione al fascismo.
In un'ottica patriottica e tradizionalista, si esalta il Tricolore (viene introdotto il reato di vilipendio alla bandiera), la figura del re (che incarna l'unità della patria) e del duce (presentato come salvatore della patria) e la religione cattolica, quest'ultima non tanto intesa nei suoi principi etici e morali ma piuttosto esaltata come un simbolo politico della romanità e come strumento di coesione nazionale (a seguito dei Patti lateranensi diventa nel 1929 la religione di stato), si diffondono inoltre numerosi motti e inni a carattere nazionalista. Tra gli inni più diffusi vi furono Giovinezza, divenuto l'inno del Partito Nazionale Fascista, Fratelli d'Italia, poi assunto a inno nazionale con l'attuale Repubblica Italiana e "l'Inno a Roma" di Puccini, tuttavia alle manifestazioni ufficiali veniva sempre eseguita anche la Marcia Reale.
Viene anche modificata la datazione, pur conservando il calendario gregoriano, vengono indicati in maniera diversa gli anni tramite una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista, conteggiato a partire dal giorno successivo alla Marcia su Roma.
Il fascismo tenta, ma senza successo, di abolire l'uso della stretta di mano, considerata anti-igienica, da sostituire col saluto romano obbligatorio nelle circostanze ufficiali e nelle parate dove le truppe devono marciare al passo romano.
Il modello maschile fascista
Un saggio ginnico pubblico eseguito durante il periodo fascista.Il maschio ideale per il fascismo deve avere un fisico atletico: si incoraggia l'attività sportiva e quella ginnica delle scuole, mediante l'opera propagandistica, la creazione di strutture apposite e cospicui finanziamenti pubblici.
Il fascismo esaltava la semplicità e la compostezza rispetto alla frivolezza e al disordine: pertanto l'aspetto fisico del perfetto fascista non deve essere trasandato e il volto deve essere sbarbato.
Si incoraggia la sicurezza e la compostezza anche nel modo di porsi, financo in quello di camminare.
In un'ottica tradizionalista, mirata soprattutto alla aree rurali del paese, il regime spinse per il recupero delle caratteristiche degli abiti tradizionali delle regioni italiane.
Il modello femminile fascista Seppure originariamente, nel programma di San Sepolcro del 23 marzo 1919, il fascismo si presentasse come progressista sotto il profilo della politica femminile, proponendosi di concedere il voto alle donne, questo non avverà. Il regime mantiene la già presente divisione tra educazione scolastica maschile e femminile: le classi miste non sono ammesse. Il ruolo sociale femminile è quello della madre di famiglia: il regime insiste sulla necessità di un popolo numeroso e giovane, come condizione necessaria per realizzare l'impero. A tal fine, la donna fascista ideale deve avere un fisico prestante, che le permetterà di esser madre di tanti e sani figli: per questo viene introdotta una preparazione ginnica di alto livello negli istituti femminili e si sviluppano le discipline sportive femminili. Seppure il ruolo sociale della donna sia prettamente domestico, in linea peraltro con l'epoca precedente, tuttavia non mancano donne, specie nel mondo dello spettacolo e del giornalismo, che si impongono in posizioni cui i colleghi maschi non possono ambire. Inoltre, le iscrizioni di donne al Partito Nazionale Fascista sono numerose.
In linea con una politica di sobrietà e semplicità incoraggiata dal regime, la moda del tempo scoraggia il trucco, rifacendosi ad uno stile che riprendeva la moda francese degli anni venti: si riteneva il trucco una manifestazione di vanità e frivolezza, non in linea con i canoni pragmatici del fascismo.
In questi anni nasce la moda italiana e si afferma anche nel paese la sfilata con la passerella rialzata (per permettere la vista, oltre che del vestito, anche delle scarpe indossate), al posto delle precedenti rappresentazioni teatrali. Inizia ad essere diffuso anche l'uso di modelle e attrici come testimonial pubblicitarie.
L'educazione dei giovani Il controllo sulla educazione e crescita dei giovani ed il loro inquadramento nella dottrina fascista fu uno dei principali impegni del governo fascista, provocando anche uno scontro con le autorità ecclesiastiche quando, nonostante i Patti lateranensi firmati, Mussolini sciolse temporaneamente nel 1928 l'Azione Cattolica, scontro che si concluse nel 1931 quando la Chiesa accettò di relegarne l'attività alla semplice sfera religiosa.
Anche le organizzazioni scout italiane furono sciolte. Numerosi gruppi proseguirono tuttavia clandestinamente le loro attività. Il Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori Italiani chiama questo periodo Giungla silente. Anche sul versante cattolico dello scautismo, molti gruppi dell'Associazione Scautistica Cattolica Italiana non si lasciarono intimidire. Il gruppo clandestino più famoso fu quello delle Aquile Randagie, che in seguito diede anche vita all'OSCAR, un'organizzazione per sostenere rifugiati, perseguitati politici e prigionieri di guerra alleati.
Saluto all'alzabandiera da parte di una scolaresca in divisa estiva alla scuola Umberto di Savoia (ex Trotter) a Milano, 1926Bambini e ragazzi sono quindi inquadrati in organizzazioni giovanili ed educati alla disciplina militare. Per i loro esercizi usano moschetti finti di legno.
A quattro anni un bambino italiano diventa figlio della lupa e indossa la sua prima camicia nera. A otto diventa balilla e a quattordici avanguardista. Analogamente le ragazze, dopo essere state figlie della lupa, sono organizzate prima nelle piccole italiane e poi nelle giovani italiane. Gli studenti universitari vengono organizzati nei Gruppi Universitari Fascisti (Guf).
L'educazione fisica e lo sport diventano un fenomeno di massa: tutti sono sollecitati a praticare l'attività fisica. Ogni sabato, il sabato fascista, vi sono riunioni, inquadrate nelle attività del partito, per lezioni di dottrina fascista e per praticare sport, e dare sfoggio della propria abilità.
I ragazzi fanno volteggi, maneggiano il moschetto, si lanciano attraverso cerchi di fuoco. Le ragazze, in camicetta bianca e gonna nera, fanno roteare cerchi, clave, bandiere e si esibiscono nella corsa e nel salto.
Le attività sportive vengono regolate nel 1928 all'interno del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Nel piano di inquadramento del tempo libero rientrano anche il Dopolavoro nazionale, agevolazioni per viaggi familiari e svaghi collettivi. Lo stato organizza le colonie estive, suddivise in alpine e marine, per i figli dei lavoratori fino all'età di 16 anni, ove i ragazzi sono sempre organizzati in strutture di tipo militare e in divisa. Nel 1939 ebbe inizio il Servizio Premilitare dei giovani,con l'obbligo di presentarsi ,ogni sabato pomeriggio ai rispettivi Gruppi Rionali.Nel 1940,ebbe luogo la Marcia della Gioventù, attraverso le città d'Italia, con la partecipazione della classe 1922.
Le battaglie interne Quella fascista è l'epoca delle grandi battaglie, esaltate dalla propaganda del regime:
La battaglia del grano per aumentare la produzione interna e ridurre le importazioni, anche tramite dazi su queste ultime, che, pur raggiungendo i suoi obiettivi, ebbe come conseguenza l'abbandono di altre coltivazioni più produttive ed utili.
La battaglia delle bonifiche, con la quale vari territori sono strappati all'acqua e alla malaria e trasformati in campi coltivabili. Con l'inizio della guerra alcune di queste opere, pur sempre presenti nella propaganda del regime, furono interrotte per la mancanza di finanziamenti.
La battaglia demografica (con la tassa sul celibato) per accrescere la popolazione italiana secondo il concetto, ereditato da una tradizione agricola, che più figli significano più lavoratori disponibili e soprattutto più soldati: nei suoi ultimi discorsi prima dell'inizio della Seconda guerra mondiale Mussolini per affermare la potenza militare dell'italiana parlerà di "8 milioni di baionette". Per questo motivo il matrimonio con molti figli è favorito in tutti i modi. I padri con famiglie numerose ricevono salari maggiori, le madri sono premiate con nastri, diplomi, medaglie d'argento e d'oro. Alle nuove coppie vengono fatti prestiti pubblici che devono essere restituiti allo stato solo se non nascono figli o se ne nascono pochi. Essere celibi è un ostacolo alla carriera ed è un impedimento assoluto alla promozione per gli impiegati dello Stato; tutti gli uomini non sposati dovevano pagare la tassa sul celibato creata allo scopo di motivare al matrimonio.
La censura ed il controllo politico della società Per approfondire, vedi le voci Censura fascista e Repressione del dissenso nell'Italia fascista.
Rimboschimento del Monte Giano, nei pressi di Antrodoco (RI), con le piante disposte a formare la scritta DUX, fatto nel 1939 dalla Scuola Allievi Guardie Forestali di CittaducaleIl fascismo nel corso degli anni radicalizza le sue posizioni censurando sempre di più la libertà di opinione e perseguendo coloro che criticano il governo, esprimendo opinioni diverse dal pensiero ufficiale. Permangono tuttavia alcuni giornali non in linea col pensiero ufficiale o esplicitamente critici del fascismo e taluni intellettuali, come Benedetto Croce, proseguono la propria attività, spesso critica del fascismo, senza dover temere ritorsioni.
Ai media (al tempo di fatto solo radio e carta stampata) venne imposto di parlare il meno possibile di fatti di cronaca nera e di crimini in genere e, in quei casi in cui fosse stato impossibile omettere la notizia, era chiesto di minimizzarla il più possibile. Questo serviva per garantire un falso senso di sicurezza nell'opinione pubblica, che percepiva l'assenza di notizie di questo tipo come l'assenza del tipo di atti a cui si riferivano. Ad esercitare il potere di censura sulla stampa, mediante stringate direttive diramate alle redazioni (le famose veline) è il potente Ministero della Cultura Popolare, la cui abbreviazione telegrafica "minculpop" verrà mutuata nel linguaggio giornalistico italiano per definire, dopo il fascismo, persone ed uffici che tentano a vario titolo di censurare articoli e opinioni.
Per quanto riguarda il cinema straniero subì un fermo per via di una disposizione del Ministero dell'interno del 22 ottobre 1930: veniva imposto un completo rifiuto nei film del parlato che non fosse in lingua italiana, anche in minima parte. Fino a quel momento si era preferita la scelta di lasciare il sonoro originale e di utilizzare didascalie, anche se buona parte della popolazione non sapeva leggere correttamente. Per ovviare a questa disposizione si scelse di aggiungere alle scene dei film altre con attori italiani, che spiegavano cosa avessero detto precedentemente gli attori americani. La censura coinvolse più di 300 film dell'epoca.
Con la riforma elettorale viene abolito il voto segreto: alle elezioni ci si deve esprimere con un sì o con un no alle proposte del governo, scegliendo una scheda del "sì" che all'esterno è tricolore, oppure una scheda del "no" che è tutta bianca. L'aspetto più vistoso della violenza fascista contro gli oppositori si manifesta con le famose manganellate e la costrizione a bere un'abbondante dose di olio di ricino, che causava in qualche caso una violenta disidratazione del corpo (l'olio di ricino, usato come strumento di tortura e punizione, fu introdotto da Gabriele d'Annunzio durante l'occupazione di Fiume e poi ripreso dal fascismo).
La polizia politica, l'OVRA è attivissima contro gli antifascisti che vengono giudicati e condannati da un tribunale speciale. Sono proibite le riunioni di più di tre persone sia nei luoghi di lavoro che nei ritrovi pubblici (questo era già proibito formalmente dallo Statuto Albertino, ma largamente tollerato).
Gli ebrei, in seguito a leggi razziali del 1938, sono esclusi da incarichi pubblici, viene loro proibita la proprietà terriera oltre i 50 ettari e viene imposta la separazione razziale nella scuola ed il divieto di iscriversi all'università, ad eccezione delle famiglie dei caduti o per altri meriti speciali. Se in un primo tempo vengono definiti "ebrei" solo i figli di genitori entrambi di origine ebrea, dopo pochi mesi dall'emanazione delle leggi la definizione viene estesa anche ai figli di matrimoni misti sospettati di seguire la religione o le usanze ebraiche
Numerosi sono i detenuti politici confinati in piccole isole o in piccoli paesi lontani dalla regione in cui vivono, tra questi Carlo Levi. Molti italiani sono costretti a prendere la via dell'esilio, tra questi Ignazio Silone e Sandro Pertini.
L'italianizzazione e le modifiche al lessico Per approfondire, vedi la voce Italianizzazione (fascismo).
Anche sui nomi e sulle parole il fascismo impone la sua ideologia nazionalistica. Gli Italiani sono invitati a far uso di termini nuovi, purché genuinamente italiani, in sostituzione di quelli di origine straniera o che sembrano tali. Tutto ciò che è straniero è infatti visto come estraneo, non patriottico. I bar si trasformano in mescite (o quisibeve) e i sandwich in tramezzini (termine poi entrato nell'uso comune e mantenuto anche dopo la caduta del regime), il club del tennis diventa la consociazione della pallacorda (dal nome del simile ma più antico gioco), il tessuto di cashmere casimiro e il film filmo, l'alcool diviene l'alcole, ed il football calcio.
L'italianizzazione coinvolge anche a molti cognomi, terminanti con una consonante e quindi apparentemente "stranieri", a questi viene aggiunta una vocale finale per renderli foneticamente "più italiani", l'operazione viene motivata con la "legittimità'" per ogni italiano di "reclamare" un cognome italiano; questo cambiamento anagrafico da ottenersi con domanda scritta al prefetto, venne prima accordata agli abitanti della provincia di Trento secondo l'art. 1 del decreto legge 10 gennaio 1926, n. 17 -"Restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della provincia di Trento", definitivamente convertito nella legge 24 maggio 1926, n. 898, l'ultimo capoverso del quale stabiliva che una volta ufficialmente italianizzato il cognome, il suo utilizzo nella forma "straniera" era punibile con una multa da 500 a 5000 lire. Il secondo articolo della legge estendeva la possibilità di italianizzare i cognomi stranieri o di origine straniera, su richiesta dell'interessato anche nei casi non previsti dall'art. 1. Successivamente, tramite il regio decreto 7 aprile 1927, n. 494, e il regio decreto 31 maggio 1928, n. 1367 l'italianizzazione dei nomi venne espressamente estesa a tutta l'area della Venezia Tridentina ed alla zona di Fiume. Queste leggi vennero confermate nell'art. 164 del regio decreto n. 1238 del 9 luglio 1939 sull'Ordinamento dello Stato Civile. Queste leggi furono abrogate soltanto nel 1991, con la legge 28 marzo 1991, n. 114. Il processo di italianizzazione dei nomi comportò anche la conversione della toponomastica ufficiale di molte località dell'area altoatesina.
Il fascismo tenta di imporre l'uso del voi, al posto del lei, considerato "residuo del servilismo italiano verso gli invasori stranieri ed espressione di snobismo borghese" nella lingua parlata; quest'ultima imposizione diede agio alla fronda antifascista di esprimersi a motteggi come "da oggi vietato parlare di Galileo Galilei, si dovrà parlare di Galileo Galivoi e Benedetto Croce, uso a tenere una corrispondenza epistolare con cui dava del voi al suo interlocutore, cambiò l'incipit delle sue lettere passando al "lei". Tuttavia questa campagna contro il "lei" godrà anche dell'appoggio di uomini di cultura, come il linguista "neopurista" Bruno Migliorini ed il romanziere Bruno Cicognani che, nella terza pagina del Corriere della Sera, definirà questo pronome come "aberrazione grammaticale e sintattica... spagnolismo... prodotto del cortigianismo ... servilismo e goffaggine, auspicando un ritorno al “tu” espressione dell’universale romano e cristiano e al “voi” segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia".
Il regime guida gli Italiani verso la conformazione a ideali quali il nazionalismo, il patriottismo, il militarismo, l'atletismo, l'eroismo, l'autoritarismo, l'esaltazione della civiltà romana e dell'idea della virilità nonché la disapprovazione per taluni aspetti tipici della società borghese, modello sociologico tipico del capitalismo, rispetto al quale il fascismo vuole presentarsi come terza via.
Obiettivo finale è la creazione di un nuovo tipo d'uomo, destinato, negli auspici del regime, a guidare l'Italia e Roma a nuovi fasti imperiali.
I simboli del fascismo
Distintivi da giacca: a sinistra quello del Partito Nazionale Fascista. A destra quello dell'Opera Nazionale Dopolavoro
Donnas:Le facciate di molti edifici vennero usate per esibire motti propagandistici del regimeAgli Italiani è insegnato a riconoscersi in simboli come il fascio littorio, portato dagli uomini come distintivo a spilla sul bavero sinistro della giacca, e la camicia nera, indumento della divisa della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale e più in generale indossato da coloro che apertamente desideravano mostrare la loro adesione al fascismo.
In un'ottica patriottica e tradizionalista, si esalta il Tricolore (viene introdotto il reato di vilipendio alla bandiera), la figura del re (che incarna l'unità della patria) e del duce (presentato come salvatore della patria) e la religione cattolica, quest'ultima non tanto intesa nei suoi principi etici e morali ma piuttosto esaltata come un simbolo politico della romanità e come strumento di coesione nazionale (a seguito dei Patti lateranensi diventa nel 1929 la religione di stato), si diffondono inoltre numerosi motti e inni a carattere nazionalista. Tra gli inni più diffusi vi furono Giovinezza, divenuto l'inno del Partito Nazionale Fascista, Fratelli d'Italia, poi assunto a inno nazionale con l'attuale Repubblica Italiana e "l'Inno a Roma" di Puccini, tuttavia alle manifestazioni ufficiali veniva sempre eseguita anche la Marcia Reale.
Viene anche modificata la datazione, pur conservando il calendario gregoriano, vengono indicati in maniera diversa gli anni tramite una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista, conteggiato a partire dal giorno successivo alla Marcia su Roma.
Il fascismo tenta, ma senza successo, di abolire l'uso della stretta di mano, considerata anti-igienica, da sostituire col saluto romano obbligatorio nelle circostanze ufficiali e nelle parate dove le truppe devono marciare al passo romano.
Il modello maschile fascista
Un saggio ginnico pubblico eseguito durante il periodo fascista.Il maschio ideale per il fascismo deve avere un fisico atletico: si incoraggia l'attività sportiva e quella ginnica delle scuole, mediante l'opera propagandistica, la creazione di strutture apposite e cospicui finanziamenti pubblici.
Il fascismo esaltava la semplicità e la compostezza rispetto alla frivolezza e al disordine: pertanto l'aspetto fisico del perfetto fascista non deve essere trasandato e il volto deve essere sbarbato.
Si incoraggia la sicurezza e la compostezza anche nel modo di porsi, financo in quello di camminare.
In un'ottica tradizionalista, mirata soprattutto alla aree rurali del paese, il regime spinse per il recupero delle caratteristiche degli abiti tradizionali delle regioni italiane.
Il modello femminile fascista Seppure originariamente, nel programma di San Sepolcro del 23 marzo 1919, il fascismo si presentasse come progressista sotto il profilo della politica femminile, proponendosi di concedere il voto alle donne, questo non avverà. Il regime mantiene la già presente divisione tra educazione scolastica maschile e femminile: le classi miste non sono ammesse. Il ruolo sociale femminile è quello della madre di famiglia: il regime insiste sulla necessità di un popolo numeroso e giovane, come condizione necessaria per realizzare l'impero. A tal fine, la donna fascista ideale deve avere un fisico prestante, che le permetterà di esser madre di tanti e sani figli: per questo viene introdotta una preparazione ginnica di alto livello negli istituti femminili e si sviluppano le discipline sportive femminili. Seppure il ruolo sociale della donna sia prettamente domestico, in linea peraltro con l'epoca precedente, tuttavia non mancano donne, specie nel mondo dello spettacolo e del giornalismo, che si impongono in posizioni cui i colleghi maschi non possono ambire. Inoltre, le iscrizioni di donne al Partito Nazionale Fascista sono numerose.
In linea con una politica di sobrietà e semplicità incoraggiata dal regime, la moda del tempo scoraggia il trucco, rifacendosi ad uno stile che riprendeva la moda francese degli anni venti: si riteneva il trucco una manifestazione di vanità e frivolezza, non in linea con i canoni pragmatici del fascismo.
In questi anni nasce la moda italiana e si afferma anche nel paese la sfilata con la passerella rialzata (per permettere la vista, oltre che del vestito, anche delle scarpe indossate), al posto delle precedenti rappresentazioni teatrali. Inizia ad essere diffuso anche l'uso di modelle e attrici come testimonial pubblicitarie.
L'educazione dei giovani Il controllo sulla educazione e crescita dei giovani ed il loro inquadramento nella dottrina fascista fu uno dei principali impegni del governo fascista, provocando anche uno scontro con le autorità ecclesiastiche quando, nonostante i Patti lateranensi firmati, Mussolini sciolse temporaneamente nel 1928 l'Azione Cattolica, scontro che si concluse nel 1931 quando la Chiesa accettò di relegarne l'attività alla semplice sfera religiosa.
Anche le organizzazioni scout italiane furono sciolte. Numerosi gruppi proseguirono tuttavia clandestinamente le loro attività. Il Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori Italiani chiama questo periodo Giungla silente. Anche sul versante cattolico dello scautismo, molti gruppi dell'Associazione Scautistica Cattolica Italiana non si lasciarono intimidire. Il gruppo clandestino più famoso fu quello delle Aquile Randagie, che in seguito diede anche vita all'OSCAR, un'organizzazione per sostenere rifugiati, perseguitati politici e prigionieri di guerra alleati.
Saluto all'alzabandiera da parte di una scolaresca in divisa estiva alla scuola Umberto di Savoia (ex Trotter) a Milano, 1926Bambini e ragazzi sono quindi inquadrati in organizzazioni giovanili ed educati alla disciplina militare. Per i loro esercizi usano moschetti finti di legno.
A quattro anni un bambino italiano diventa figlio della lupa e indossa la sua prima camicia nera. A otto diventa balilla e a quattordici avanguardista. Analogamente le ragazze, dopo essere state figlie della lupa, sono organizzate prima nelle piccole italiane e poi nelle giovani italiane. Gli studenti universitari vengono organizzati nei Gruppi Universitari Fascisti (Guf).
L'educazione fisica e lo sport diventano un fenomeno di massa: tutti sono sollecitati a praticare l'attività fisica. Ogni sabato, il sabato fascista, vi sono riunioni, inquadrate nelle attività del partito, per lezioni di dottrina fascista e per praticare sport, e dare sfoggio della propria abilità.
I ragazzi fanno volteggi, maneggiano il moschetto, si lanciano attraverso cerchi di fuoco. Le ragazze, in camicetta bianca e gonna nera, fanno roteare cerchi, clave, bandiere e si esibiscono nella corsa e nel salto.
Le attività sportive vengono regolate nel 1928 all'interno del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Nel piano di inquadramento del tempo libero rientrano anche il Dopolavoro nazionale, agevolazioni per viaggi familiari e svaghi collettivi. Lo stato organizza le colonie estive, suddivise in alpine e marine, per i figli dei lavoratori fino all'età di 16 anni, ove i ragazzi sono sempre organizzati in strutture di tipo militare e in divisa. Nel 1939 ebbe inizio il Servizio Premilitare dei giovani,con l'obbligo di presentarsi ,ogni sabato pomeriggio ai rispettivi Gruppi Rionali.Nel 1940,ebbe luogo la Marcia della Gioventù, attraverso le città d'Italia, con la partecipazione della classe 1922.
Le battaglie interne Quella fascista è l'epoca delle grandi battaglie, esaltate dalla propaganda del regime:
La battaglia del grano per aumentare la produzione interna e ridurre le importazioni, anche tramite dazi su queste ultime, che, pur raggiungendo i suoi obiettivi, ebbe come conseguenza l'abbandono di altre coltivazioni più produttive ed utili.
La battaglia delle bonifiche, con la quale vari territori sono strappati all'acqua e alla malaria e trasformati in campi coltivabili. Con l'inizio della guerra alcune di queste opere, pur sempre presenti nella propaganda del regime, furono interrotte per la mancanza di finanziamenti.
La battaglia demografica (con la tassa sul celibato) per accrescere la popolazione italiana secondo il concetto, ereditato da una tradizione agricola, che più figli significano più lavoratori disponibili e soprattutto più soldati: nei suoi ultimi discorsi prima dell'inizio della Seconda guerra mondiale Mussolini per affermare la potenza militare dell'italiana parlerà di "8 milioni di baionette". Per questo motivo il matrimonio con molti figli è favorito in tutti i modi. I padri con famiglie numerose ricevono salari maggiori, le madri sono premiate con nastri, diplomi, medaglie d'argento e d'oro. Alle nuove coppie vengono fatti prestiti pubblici che devono essere restituiti allo stato solo se non nascono figli o se ne nascono pochi. Essere celibi è un ostacolo alla carriera ed è un impedimento assoluto alla promozione per gli impiegati dello Stato; tutti gli uomini non sposati dovevano pagare la tassa sul celibato creata allo scopo di motivare al matrimonio.
La censura ed il controllo politico della società Per approfondire, vedi le voci Censura fascista e Repressione del dissenso nell'Italia fascista.
Rimboschimento del Monte Giano, nei pressi di Antrodoco (RI), con le piante disposte a formare la scritta DUX, fatto nel 1939 dalla Scuola Allievi Guardie Forestali di CittaducaleIl fascismo nel corso degli anni radicalizza le sue posizioni censurando sempre di più la libertà di opinione e perseguendo coloro che criticano il governo, esprimendo opinioni diverse dal pensiero ufficiale. Permangono tuttavia alcuni giornali non in linea col pensiero ufficiale o esplicitamente critici del fascismo e taluni intellettuali, come Benedetto Croce, proseguono la propria attività, spesso critica del fascismo, senza dover temere ritorsioni.
Ai media (al tempo di fatto solo radio e carta stampata) venne imposto di parlare il meno possibile di fatti di cronaca nera e di crimini in genere e, in quei casi in cui fosse stato impossibile omettere la notizia, era chiesto di minimizzarla il più possibile. Questo serviva per garantire un falso senso di sicurezza nell'opinione pubblica, che percepiva l'assenza di notizie di questo tipo come l'assenza del tipo di atti a cui si riferivano. Ad esercitare il potere di censura sulla stampa, mediante stringate direttive diramate alle redazioni (le famose veline) è il potente Ministero della Cultura Popolare, la cui abbreviazione telegrafica "minculpop" verrà mutuata nel linguaggio giornalistico italiano per definire, dopo il fascismo, persone ed uffici che tentano a vario titolo di censurare articoli e opinioni.
Per quanto riguarda il cinema straniero subì un fermo per via di una disposizione del Ministero dell'interno del 22 ottobre 1930: veniva imposto un completo rifiuto nei film del parlato che non fosse in lingua italiana, anche in minima parte. Fino a quel momento si era preferita la scelta di lasciare il sonoro originale e di utilizzare didascalie, anche se buona parte della popolazione non sapeva leggere correttamente. Per ovviare a questa disposizione si scelse di aggiungere alle scene dei film altre con attori italiani, che spiegavano cosa avessero detto precedentemente gli attori americani. La censura coinvolse più di 300 film dell'epoca.
Con la riforma elettorale viene abolito il voto segreto: alle elezioni ci si deve esprimere con un sì o con un no alle proposte del governo, scegliendo una scheda del "sì" che all'esterno è tricolore, oppure una scheda del "no" che è tutta bianca. L'aspetto più vistoso della violenza fascista contro gli oppositori si manifesta con le famose manganellate e la costrizione a bere un'abbondante dose di olio di ricino, che causava in qualche caso una violenta disidratazione del corpo (l'olio di ricino, usato come strumento di tortura e punizione, fu introdotto da Gabriele d'Annunzio durante l'occupazione di Fiume e poi ripreso dal fascismo).
La polizia politica, l'OVRA è attivissima contro gli antifascisti che vengono giudicati e condannati da un tribunale speciale. Sono proibite le riunioni di più di tre persone sia nei luoghi di lavoro che nei ritrovi pubblici (questo era già proibito formalmente dallo Statuto Albertino, ma largamente tollerato).
Gli ebrei, in seguito a leggi razziali del 1938, sono esclusi da incarichi pubblici, viene loro proibita la proprietà terriera oltre i 50 ettari e viene imposta la separazione razziale nella scuola ed il divieto di iscriversi all'università, ad eccezione delle famiglie dei caduti o per altri meriti speciali. Se in un primo tempo vengono definiti "ebrei" solo i figli di genitori entrambi di origine ebrea, dopo pochi mesi dall'emanazione delle leggi la definizione viene estesa anche ai figli di matrimoni misti sospettati di seguire la religione o le usanze ebraiche
Numerosi sono i detenuti politici confinati in piccole isole o in piccoli paesi lontani dalla regione in cui vivono, tra questi Carlo Levi. Molti italiani sono costretti a prendere la via dell'esilio, tra questi Ignazio Silone e Sandro Pertini.
L'italianizzazione e le modifiche al lessico Per approfondire, vedi la voce Italianizzazione (fascismo).
Anche sui nomi e sulle parole il fascismo impone la sua ideologia nazionalistica. Gli Italiani sono invitati a far uso di termini nuovi, purché genuinamente italiani, in sostituzione di quelli di origine straniera o che sembrano tali. Tutto ciò che è straniero è infatti visto come estraneo, non patriottico. I bar si trasformano in mescite (o quisibeve) e i sandwich in tramezzini (termine poi entrato nell'uso comune e mantenuto anche dopo la caduta del regime), il club del tennis diventa la consociazione della pallacorda (dal nome del simile ma più antico gioco), il tessuto di cashmere casimiro e il film filmo, l'alcool diviene l'alcole, ed il football calcio.
L'italianizzazione coinvolge anche a molti cognomi, terminanti con una consonante e quindi apparentemente "stranieri", a questi viene aggiunta una vocale finale per renderli foneticamente "più italiani", l'operazione viene motivata con la "legittimità'" per ogni italiano di "reclamare" un cognome italiano; questo cambiamento anagrafico da ottenersi con domanda scritta al prefetto, venne prima accordata agli abitanti della provincia di Trento secondo l'art. 1 del decreto legge 10 gennaio 1926, n. 17 -"Restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della provincia di Trento", definitivamente convertito nella legge 24 maggio 1926, n. 898, l'ultimo capoverso del quale stabiliva che una volta ufficialmente italianizzato il cognome, il suo utilizzo nella forma "straniera" era punibile con una multa da 500 a 5000 lire. Il secondo articolo della legge estendeva la possibilità di italianizzare i cognomi stranieri o di origine straniera, su richiesta dell'interessato anche nei casi non previsti dall'art. 1. Successivamente, tramite il regio decreto 7 aprile 1927, n. 494, e il regio decreto 31 maggio 1928, n. 1367 l'italianizzazione dei nomi venne espressamente estesa a tutta l'area della Venezia Tridentina ed alla zona di Fiume. Queste leggi vennero confermate nell'art. 164 del regio decreto n. 1238 del 9 luglio 1939 sull'Ordinamento dello Stato Civile. Queste leggi furono abrogate soltanto nel 1991, con la legge 28 marzo 1991, n. 114. Il processo di italianizzazione dei nomi comportò anche la conversione della toponomastica ufficiale di molte località dell'area altoatesina.
Il fascismo tenta di imporre l'uso del voi, al posto del lei, considerato "residuo del servilismo italiano verso gli invasori stranieri ed espressione di snobismo borghese" nella lingua parlata; quest'ultima imposizione diede agio alla fronda antifascista di esprimersi a motteggi come "da oggi vietato parlare di Galileo Galilei, si dovrà parlare di Galileo Galivoi e Benedetto Croce, uso a tenere una corrispondenza epistolare con cui dava del voi al suo interlocutore, cambiò l'incipit delle sue lettere passando al "lei". Tuttavia questa campagna contro il "lei" godrà anche dell'appoggio di uomini di cultura, come il linguista "neopurista" Bruno Migliorini ed il romanziere Bruno Cicognani che, nella terza pagina del Corriere della Sera, definirà questo pronome come "aberrazione grammaticale e sintattica... spagnolismo... prodotto del cortigianismo ... servilismo e goffaggine, auspicando un ritorno al “tu” espressione dell’universale romano e cristiano e al “voi” segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia".
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Vivi come se tu dovessi morire subito.
07 gennaio 2012 ore 13:27 segnala
Noi siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte.
E se l'avversario irride alle nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. In altri tempi ci risollevammo per noi stessi, da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani, per salutarvi in piedi nel momento del commiato, per trasmettervi la staffetta prima che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui si accingeva a trasmetterla.
Accogliete dunque, giovani, questo mio commiato come un ideale passaggio di consegne. E se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate: Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai.
E se l'avversario irride alle nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. In altri tempi ci risollevammo per noi stessi, da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani, per salutarvi in piedi nel momento del commiato, per trasmettervi la staffetta prima che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui si accingeva a trasmetterla.
Accogliete dunque, giovani, questo mio commiato come un ideale passaggio di consegne. E se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate: Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai.
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Sposi della vita, amanti della morte
06 gennaio 2012 ore 11:41 segnala
Mi è recentemente capitato di fare un sogno particolare: un tribunale di guerra mi condannava alla punizione estrema insieme ad altri che, come me, si erano macchiati di un crimine che echeggiava come un cupo rintocco di campana: sovversione.
Parole aspre come condanna, pena capitale ed esecuzione, in quell’aula mi rimbalzavano alle orecchie risuonando come dolci note di libertà, martirio e sacrificio.
Come una folgore d’autunno si abbatte nell’infuriare della tempesta su un atavico platano, così la forza della volontà, l’inamovibile orgoglio e la fermezza d’animo attraversarono la mia schiena con un’immensa scarica di brividi. In quegli attimi non conoscevo paura, incertezza o timore. Non sapevo nemmeno cosa fossero né concepivo che potessero esistere. Sentivo ardere in me un fuoco alla sola idea di trovarmi faccia a faccia con la Nera Signora: e il desiderio che quel fatale momento arrivasse aumentava sempre più in me.
Ogni eventuale incertezza si inchiodò definitivamente quando vidi negli occhi dei miei compagni di sorte la stessa mia reazione davanti alla sentenza. Non ci scambiammo una parola nè rivelammo alcuna emozione ai nostri giustizieri, ma tra di noi percepivamo un’aura che ci dava forza e ci rendeva un unico corpo.
Ci condussero alle nostre celle, separate tra loro da muri di cemento che non potevano certo dividere i nostri cuori. Decisi di non passare le mie ultime ore nell’inerzia e presi a scrivere: volevo che rimanesse una testimonianza della mia morte.
Ma le parole mi sfuggivano di mano: i fogli accartocciati sul pavimento formavano un cumulo alto quasi quanto il letto, le lancette giravano veloci ed inesorabili e la penna non aveva ancora scritto nulla di cui potessi ritenermi soddisfatto.
Mi chiedevo se anche gli altri stessero vivendo la mia stessa situazione, ma non avevo risposta. Era come se si fossero allontanati anni luce dalla mia cella, quando il loro letto era solo a pochi metri dal mio. Passai la mano nei capelli sudati e mi imposi di scrivere qualcosa, qualunque cosa. Ma le dita erano di pietra, la mano tremava e il foglio davanti a me restava terribilmente bianco.
Mancava un’ora. No, non poteva succedere davvero. Avevo meno di vent’anni e un’intera vita davanti a me. Stavo per piangere, ma mi trattenni: ero lì perché avevo seguito il mio cuore, perché avevo scelto di non tradire i miei compagni, perchè dovevo dimostrare al mondo che c’era ancora qualcuno capace di morire per un ideale. Mi convinsi: pentimento e rassegnazione erano parole che non dovevano esistere nel mio vocabolario.
Abbandonai la penna e guardai fuori dalla finestra: il cielo del crepuscolo decretava la fine degli ultimi animi guerrieri.
Mezz’ora. Il cuore batteva a ritmi sfrenati, come se avesse capito che quei battiti sarebbero stati gli ultimi. Cominciai a camminare in circolo come un forsennato: l’angoscia aveva lasciato spazio al panico più totale. Imprecai a voce alta. Poi implorai Dio, qualunque Dio fosse, di riportare indietro il tempo. Volevo vivere. Vivere almeno altri dieci anni, incontrare il vero amore, avere una famiglia, una casa, servire la mia patria, terminare le mie battaglie. Erano speranze vane, mancavano pochi minuti.
Un rumore di chiavi risuonò nel corridoio muto. Erano venuti a prenderci. Sentii che trascinavano fuori il primo: il plotone si appostò nel cortile appena sotto le nostre finestre. Un prete pronunciò sbrigativamente le parole di rito, una voce straniera scandì alcune formalità che non riuscii a capire. Attimi di silenzio. Poi la stessa voce di prima: Load… Aim... Fire!
Sobbalzai agli spari come se avessero colpito me. Non c’era più tempo, tornavano verso di noi. Uno era caduto e il prossimo ero io.
Un soldato aprì la cella ed avanzò verso di me, mentre un altro aspettava sulla soglia. Come avviene quando un ragazzino incauto si avvicina troppo a un cane rabbioso, così io mi rannicchiai un po’, raccolsi tutte le mie forze e saltai addosso all’incredulo soldato con furia cieca. Non riflettevo: i miei muscoli si muovevano obbedendo ai nervi, che a loro volta seguivano gli sbalzi del cuore. Mi aggrappai alla sua faccia facendola sanguinare mentre lui urlava per il dolore, quando un barlume di ragione mi ricordò della guardia appostata sulla porta, che ora puntava l’arma verso di me cercando il modo di colpirmi senza ferire il compagno. L’istinto fece il resto: strappai di mano la mitragliatrice al soldato ferito, facendomi nel frattempo scudo col suo corpo, poi sparai all’impazzata sulla guardia, colpendola alla schiena mentre fuggiva chiedendo aiuto.
Il resto del plotone, allarmato dagli spari, si stava dirigendo verso di me. Ormai era inevitabile: sarei morto lì. Ma non certo implorando pietà in una squallida cella. Sarei morto onorevolmente, come si addice a un uomo libero. Così strinsi l’arma e mi scagliai nel corridoio, in un attimo nel cortile esterno. Premetti il grilletto e iniziai una corsa testa alta verso i colori rossastri di quello che sarebbe stato il mio ultimo tramonto.
Il bagliore si sprigionava fragoroso dalla canna della mitraglia mentre i colpi dei miei boia fischiavano tutt’intorno a me.
E fu in quei frangenti, fino a quando uno di quei proiettili non mi raggiunse il cuore, che compresi a pieno il senso della morte e quello della vita.
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Scrive dal: | 06/01/2012 |
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