LUCIFERO

22 luglio 2011 ore 21:15 segnala
O Signor, principe oscuro,
portator di verità,
tra i Suoi figli tu 'l più puro.

Al Padron di carità
tu chiedevi sol risposte,
per spiegarti umanità.

Quante l'anime deposte,
quanti gl'angeli caduti,
'chè quel canto Suo stonaste.

Voi da sempre ritenuti
i signori d'odio e morte,
ma nessuno che v'aiuti.

Nello spalancar le porte
del Suo regno, Paradiso;
prigionier de la tua sorte.

Dalla gente tu deriso
e scagliato nell'Abisso,
tu più bello di Narciso.

Il giudizio ti fù emesso:
“Tu malvagio senza gloria
mai più amor sarà concesso,

ne conoscerai vittoria;
casa tua sarà l'Inferno”.
Questa la tua triste storia,

Mai un estate, solo inverno,
per te grand' Imperatore
di quel mondo detto Averno.

Mai uman prese di te a cuore
il destin tuo 'sì crudele
che privato del Suo amore.

Tu per tutti sei infedele,
costrittor d'Adamo e d'Eva,
da quell'albero di mele.

Non è 'l mal che lei coglieva,
era solo conoscenza,
che ignoranza nascondeva.

Tu volevi sol sapienza,
regalarci la ragione
che di te è grand'essenza.

Mai tu volli esser padrone
dell'umanitù o del mondo,
ma insegnarci l'emozione.

Dal tuo trono 'sì profondo
io ti senti 'sì vicino,
non rimpianger mai 'l tuo bando,

grande stella del mattino...




Raciti Sonny . tracciatore
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O Signor, principe oscuro, portator di verità, tra i Suoi figli tu 'l più puro. Al Padron di carità tu chiedevi sol risposte, per spiegarti umanità. Quante l'anime deposte, quanti gl'angeli caduti, 'chè quel canto Suo stonaste. Voi da sempre ritenuti i signori d'odio e morte, ma nessuno che...
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PACE

21 luglio 2011 ore 18:18 segnala
Ricordo il camminar, su per le colline
dipinte da la brina, che 'l Sol riflette
del verde della vita e le foglie chine,

coi raggi 'i Sol che vincono le vette
de monti, al mio mirar quell'orizzonte,
che lindo delle nubi, bel dì promette.

E l'aera fresca m'accarezzava fronte,
e gote mie nel divenir più rosse
nel contrastar quel vento, lì di ponente.

Una gran pace, i piedi miei li mosse,
e camminai, co piedi nudi in erba,
e mani mie unite e 'sì commosse;

accarezzaron viso, co la mia barba
nell'ammirar quel magico risveglio,
che 'l giorno novo sempre al mondo serba.

Passavo accanto a 'n bianco e puro giglio;
la bruma, ancora, aleggiava terra,
e lo sbocciar di esso parea un travaglio.

E lo scoiattolin 'na ghianda afferra
si ferma e guarda me, incuriosito
e con maggior vigor lo frutto serra.

Ritorna nella tana com' impaurito,
ed io sorrido al magico momento,
col cuor pieno di gioia son ripartito.

Ciliegi in fiore, scossi da quel vento,
mi regalavan pace, che non so dire,
difficile per me parlar del canto,

dei cardellin, e il loro amor sentire,
della natura, quello era un vangelo,
un premio per l'omano mio morire,

sicchè salutaii il mondo e tornaii in cielo...



Raciti Sonny
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Ricordo il camminar, su per le colline dipinte da la brina, che 'l Sol riflette del verde della vita e le foglie chine, coi raggi 'i Sol che vincono le vette de monti, al mio mirar quell'orizzonte, che lindo delle nubi, bel dì promette. E l'aera fresca m'accarezzava fronte, e gote mie nel divenir...
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L'ULTIMA AMICA

21 luglio 2011 ore 18:16 segnala
Caro pianeta, vorrei donarti
solo un racconto tra le favelle,
vorrei soltanto poter parlarti

di quel ragazzo, ch'ama le stelle,
di quella mente, che con ragione
spezzò ogni cosa, tra le più belle.

Comincerei da quel burrone
che vide egli, rischiar cader
perchè era stanco dell'emozione

chiamato amore, che dispiacer.
Ne scopri un altro, co la pazienza,
fatto di libri, del Gran Saper

Coi quali egli scoprì la scienza,
e trovò tutte le sue risposte
rinchiuso e assorto in quella stanza.

Sicchè emozioni più eran disposte
per qualche donna, per qualch'amante
ed il suo cuor mai più fù triste.

Sì fermò sol per qualch'istante,
nella sua strada un muro oscuro
persin per lui troppo imponente.

Che il cuore suo ormai era duro,
che le sue lacrim eran di vetro
del grande oblìo lui era sicuro.

Lui non potea tornar più indietro,
della realtà era al confine,
sicchè arretrò di qualche metro.

Che neanche lor, le tre indovine
potean dir come spaccar barriera,
rimase fermo, ad aspettar la fine.

Ma giunse voce, tremenda e fiera
ed il suo cuor pres' a trottare
che l'suo destin ora s'avvera:

“Se vuoi mio car, ch'io te aiutare
a superar questo traguardo
qualsiasi cosa mi dovrai dare”

E l'inconscenza reimpì 'lo sguardo
di quel perduto, navigatore
che al continuare era testardo:

“Prendi il mio corpo, ed il mio cuore
prendi ogni cosa, che sia la mia,
saper tuo nome vorrei l'onore”

“Ma certo caro, io son Follia...”


Raciti Sonny
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Caro pianeta, vorrei donarti solo un racconto tra le favelle, vorrei soltanto poter parlarti di quel ragazzo, ch'ama le stelle, di quella mente, che con ragione spezzò ogni cosa, tra le più...
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Nel nome del Padre - Libro 1 - Canto I

19 luglio 2011 ore 19:44 segnala
Alzai lo sguardo e vidi, su l'obelisco,
un uragano nero che facea tremar lo mondo
tacer di quel grigior io preferisco.

Magia usavan guerrieri, che combattendo
co lampi e toni attorno a quella roccia,
lasciavan solchi, davanti me morendo.

Prostrai innanzi, di qualche metro faccia
che vidi sangue rigolar lo volto
che disperato viso a me rinfaccia

“Il tuo destin per te ora sia svolto
uccidi madre tua ch' ora l'è pazza
Oppur l'omano mondo sarà sconvolto,

Afferra co tua man d'Odin la mazza,
uccidi lei e spacca la gran pietra
fa tuo coraggio e gran risolutezza”

Sicchè l'anima mia ch'era già tetra,
divenne ferma e dura come 'no scoglio
che d'onde gigantesche mai n'arretra.

Crudele fato ch'attende me, lo figlio,
ma corsi dall'altar di marmo bianco,
che l'arma di quel Dio ora mi piglio,

e coraggios guerrieri con quell'affianco,
e vedo lei, la madre mia impazzita
e dissi alzando il braccio “Ora ti vinco”.

Non era quella ch'io amavo in vita,
ormai corrotta, malvagia sposa oscura
di Satan l'avversario, che sia punita.

Sicchè librai il mio cuor da la paura
e corsi verso lei co l'arma nova
gridai “Torna all'Averno, maligna e 'mpura”.

Di modo che destino mio io ritrova,
ma quando arrivai lì, co la mia furia
scoprì che m'aspettava un'altra prova.

La faccia sua piangeva ed era seria
e dietro lei, dall'obelisco immenso
veniva pian chi avrebbe volto storia.

Mio amor defunto, mia figlia e suo dissenso,
che al suo veder dimenticai la madre,
e disse senza voce, ma co 'n altro senso.

“Ricordo te, ch'io vissi eri mio padre,
ti dico or che questo è grand'errore,
noi siam amiche, e non due false o ladre”.

Che l'arma cadde e il cor pien di terrore,
m'inginocchiai e presi a prender pianto
levai da la mia mente tutto 'l furore.

In mezzo a quell'inferno quell'era un canto,
quell'impetuoso vento che distruggeva
chi volle esser guerrier, oppur un santo.

“Papà mio car, chi disse te voleva
che tu spaccassi dello Dio lo cuore,
sperando, appunto, che tu lo credeva”.

“Ma sono lor che voglion dar dolore,
che voglion ingannar con compassione,
siam noi il bene, che porta voi l'amore”.

Che d'odio a lor divenne un'emozione,
alzai e volsi la rabbia sui guerrieri
e dissi a lor: “cambiam questa canzone”.

I loro volti non erano più fieri
e s'apprestavan viver quel duello
che vidi mille santi e condottieri.

Ma mentre volsi me, sentii coltello
che mai dolor per un nemico agogno
che tinse a rosso tutto il mio mantello,

ma infin mi ridestai da questo sogno...



R.Sonny . tracciatore
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Alzai lo sguardo e vidi, su l'obelisco, un uragano nero che facea tremar lo mondo tacer di quel grigior io preferisco. Magia usavan guerrieri, che combattendo co lampi e toni attorno a quella roccia, lasciavan solchi, davanti me morendo. Prostrai innanzi, di qualche metro faccia che vidi sangue...
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L'AMOR

13 luglio 2011 ore 14:24 segnala
Or parlar d'amor io voglio,
il più arcan dei sentimenti;
penna e ardor su questo foglio.

Delle vite, i bei momenti,
non di morte in questa storia,
ne di incubi o tormenti.

Che sia privo di materia,
impossibile a toccar,
delle stelle è cosa seria.

Tanti i modi per amar,
per due anime 'sì sole
la passion miglior mi par.

Poi v'è quella per l'aiuole,
la natura fatta d'arte,
questo agli avidi 'sì duole,

dell'amor gl'importa in parte,
se non altro per se stessi,
ma vivran di quale sorte?

Ma ora 'l caso che parlassi
di lealtà, virtù ed amici;
era ora c'arrivassi..

Quel che conta sian felici,
sin da piccoli a giocar
imparando a andare in bici.

Questo sì ch'è un bell'amar.
Poi v'è quello per i figli;
molto forte a raccontar..

Serve molto dar consigli
e sentir le lor ragioni
e dir loro che li vegli.

Anche queste che emozioni.
Per chi ha fatto in modo che
tu leggessi 'ste canzoni.

Lor vi diedero le chiocche
della vita un pò per parte,
vi terrebbero in due teche.

E' un amor sittanto forte
della mamma e del papà,
dei ricordi delle torte.

C'è amor per l'umanità,
il più nobile tra tutti;
or ci vuole serietà.

Non siam mica quattro gatti
che vorrebbero parlar
delle guerre e dei misfatti,

come fossimo in un bar.
Siamo qui su questo mondo
non capisco questo odiar,

se non sbaglio o mi confondo
prima o poi noi ce ne andremo;
questo è solo un girotondo.

E alla fin cosa faremo?
Chiederemo aiuto a un Dio?
Senza amor noi moriremo,

Questo qui lo dico io...



Raciti Sonny
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Or parlar d'amor io voglio, il più arcan dei sentimenti; penna e ardor su questo foglio. Delle vite, i bei momenti, non di morte in questa storia, ne di incubi o tormenti. Che sia privo di materia,...
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SETTE AMICI

13 luglio 2011 ore 14:15 segnala
Ci son sette amici seduti su troni
e intanto di fuori suonavano i tuoni
i lampi schiarivan la notte 'sì tetra
e il loro frastuono scuotevan la pietra.

S'alzo una persona golosa e pesante
andò su quel tavolo poco distante
e prese a mangiare con troppo vigore
e cadde per terra con grande fragore.

Poi venne con ira un losco figuro
parlava e offendeva con tono 'sì duro
che neanche s'accorse dell'uom prima morto
e cadde su lui e mai più fù risorto.

Magnifica donna s'alzo dallo scranno
coi tacchi e la gonna portava lì un danno
ma troppa lussuria in lei forse c'era
che tacchi spaccò e morendo cadeva.

Che strano l'avaro che senza la gloria
voleva che almen non pagasse la storia
cercando nei corpi di quei malviventi
morì senza amor ma con tanti proventi.

Accìdia riempiva la quinta persona
che mai fece in vita 'na sol cosa buona
voleva soltanto pensare a se stesso
ma cadde morente tra lor come lesso.

E venne il superbo e bastardo ridente
signor d'ogne prova sicuro e splendente
sicuro di sé e di ogni certezza
morì senza testa ma con sicurezza.

E infine invidioso di quelli destini
per ultim s'alzò e andò loro vicini
“Io voglio con voi camminar d'Acheronte”
Sicchè si sparò, proprio in mezzo alla fronte.


Raciti Sonny
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Ci son sette amici seduti su troni e intanto di fuori suonavano i tuoni i lampi schiarivan la notte 'sì tetra e il loro frastuono scuotevan la pietra. S'alzo una persona golosa e pesante andò su quel...
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SOLITUDINE

13 luglio 2011 ore 14:00 segnala
Per l'uom che vuol star solo
non v'è incubo peggior
che nasca da 'n lenzuolo.

Ne mostri ne terror,
che l'uom non vuol innanzi,
ma compagnia ed amor.

Vissuto ha bei romanzi
d'amore e di passione
da rendervi 'sì sbronzi.

Ma è il solito copione,
d'altrui una dipendenza,
di me una confessione.

Chi sceglie di star senza
un'anima gemella
'sì poca è l'importanza.

Ma in testa che gli frulla?
Terror dei sentimenti?
Ma in cor suo nulla squilla?

E' che ci son momenti,
d'un uomo nella vita,
che cambian gl'argomenti.

Ma è cosa molto ardita,
ci vuol molta pazienza
a dir con la matita..

Amore per la scienza
che tante le domande
per molto in una stanza.

Cercando tra le lande
di vita, spazio e tempo,
risposte 'sì profonde.

Nessun dio sull'Olimpo,
e 'l tempo avrà una fine,
in me questo fù 'n lampo

Ne Re, e neppur Regine
per sempre non puoi amar,
con lei sulle colline.

Questo non si può accettar
perch'amor vorrebbe dire
anche il tempo superar.

Questo non vuol di fuggire
come molti dicon sia,
conta sol non far soffrire

o mostrar malinconia.
E' così che io la penso,
niente storie o ipocrisia.

Fors'amor non è s'immenso,
non è poi sittanto forte,
per alcuni ha un altro senso.

C'è chi è sol per malasorte,
per disgrazie o per miseria,
o che attende sol la morte.

Questa sì che è cosa seria,
solitudine accecante,
questa sì ch'è dura storia.

Or non voglio esser distante
è che oggi ho un po' da far
e del lor destin struggente

tornerò con voi a parlar...


Raciti Sonny
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Per l'uom che vuol star solo non v'è incubo peggior che nasca da 'n lenzuolo. Ne mostri ne terror, che l'uom non vuol innanzi, ma compagnia ed amor. Vissuto ha bei romanzi d'amore e di passione da...
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UN MONDO DI MATTI

13 luglio 2011 ore 13:17 segnala
E or, come giurai ne l'altra storia,
parlar di gente sola e sofferente,
in dover sento d'usar l'arte oratoria.

Che sia difetti il corpo oppur la mente
si trovan sempre in lochi assai nascosti,
per l'uomo che sia amico oppur parente.

Taluni sembran già così disposti
nell'accettar la fin, la loro morte
che duol mi nel raccontar di questi posti.

Del nostro lieto mondo messi a parte,
dimenticate menti tant'afflitte,
che sol malinconia e lor consorte.

Già prim che Sol distrugga stelle e notte
s'aggiran vegli e privi di stanchezza
ad aspettar per lor persone addette.

E 'l quotidian star soli il cuore spezza
in questo mondo oppur, in altre lande
che tanta gente 'sì vilmente sprezza.

Tra porte chiuse ed infime serrande
ormai non san più cosa sia speranza
non san neppur più dir cosa li attende.

Per lor nemmen un giorno di vacanza,
per viver come giusto che li spetti
e invece sempre chiusi in una stanza.

Del mondo sono loro quelli matti?
O noi che lamentiam di vita dura.
Parliam d'amor eppur se siam ridotti.

Viviam stressati e pieni di paura
di perder tutto o non bramar persino
e dicon che la razza umam sia pura..

E tanta gente che non ha un destino?
Che vive vita amara e così sola?
Anch'io nel dir e basta son cretino.

Ma per fortun c'è gente che consola
e che per lor dan tutto il loro affetto
e sul dolor degl'altri non sorvola,

per lor tutto il mio onor e 'l mio rispetto...


Raciti Sonny
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E or, come giurai ne l'altra storia, parlar di gente sola e sofferente, in dover sento d'usar l'arte oratoria. Che sia difetti il corpo oppur la mente si trovan sempre in lochi assai nascosti, per...
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A TIZIANA

13 luglio 2011 ore 13:07 segnala
Com' il Poeta che dell'Italia è padre,
mi ritrovai anch'io nel luogo tetro,
fondato su speranze false a ladre.

Portai li passi avanti qualche metro
ma più tentava a farlo e men vedevo
che volsi me, per ritornar indietro.

Ma dentro il cuor afflitto lo sapevo
che più potea più viver di passato,
che più potea avanzar s'i' non vedevo.

Sicchè l'animo mio or rassegnato
con gl'occhi chiusi, privi d'ogni pianto,
attese, mesto, che arrivasse il fato.

Ed aspettai quel certo e tristo canto
di Morte, Oblìo, di lei, Rassegnazione,
lontan da Paradiso e Pietro il Santo.

Che eternità dell'uom è la ragione,
con cui noi c'arricchiam d'ogne speranza,
ch'è fatta d'ogne singola emozione.

Ma 'l troppo mio pensar in quella stanza,
e 'l mio oltraggioso istinto di cercar,
m'avea portato via gioia e baldanza;

s'adesso amor or io potea spiegar,
io mi sentia, come quel personaggio
ch'avea gallin che or sapea covar,

ch'uccise con superbia e con oltraggio.
Ma mentre ch'attendeva la mia sorte
sentii com'il calor, del Sol un raggio.

“Perchè sei ferm' ad aspettare Morte?
Perchè l'animo tuo l'è certo e incerto?
Perchè d'oblìo vuoi spalancar le porte?”

E come un bicchier d'acqua nel diserto,
che quieta 'no sperduto viaggiatore;
rispuosi lei, con l'animo scoperto:

“Chi sei oh tu, che giungi nel mio cuore?
Che rendi me dannato 'sì felice?”
Rispuose me, con voce e con candore.

“Tiziana son, tua musa ispiratrice,
ed anche se tu non sei 'l Gran Poeta,
sarò per te chi fù per Lui Beatrice”

E come chi, in un'oasi si disseta,
rivolsi a lei, con santa cortesia:
“Perchè mi porti in cor cotanta pieta?”

“Tu canti tanto di malinconia,
paura, amore e di felicità,
e porti i tuoi pensier nella poesia,

e scrivi tanto anche d'umiltà,
superbia, d'amicizia o presunzione,
e ciò rimane nell'eternità,

ed anche s'è soltanto una canzone,
tristezza oppur magnifiche favelle
nessun può cancellar quest'emozione”.

Sicchè mi portò 'n ciel, fatto di stelle...


Raciti Sonny
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Com' il Poeta che dell'Italia è padre, mi ritrovai anch'io nel luogo tetro, fondato su speranze false a ladre. Portai li passi avanti qualche metro ma più tentava a farlo e men vedevo che volsi me,...
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MORTE

13 luglio 2011 ore 12:54 segnala
Mi ricordo di una sera di un freddissimo novembre,
quante stelle e quella Luna che formavan mille ombre,
mentre inquieto e pensieroso camminavo lentamente,
era una serata buia, fredda, sola e fù un'istante,
udii un grido lamentoso, doloroso e così forte,
che all'inizio ci pensai: "Sarà 'l diavolo o la morte".

Mi fermai per un minuto, impaurito e silenzioso,
aspettando che il lamento ritornasse fragoroso,
ma il silenzio prese subito nel buio il sopravvento,
che l'eternità in quel loco mi sembrò solo un momento,
sentii piano dapprincipio delle voci 'sì contorte,
che all'inizio ci pensai: "Sarà 'l diavolo o la morte".

Mi ricordo presi fiato da quell'aria congelata,
presi a camminare attento in quella strada abbandonata,
con le stelle ferme e fredde che schiarivan quella notte,
l'ondaggiare delle ombre le rendeva assai corrotte,
mi dimenticai la vita oppur chi fossi o la mia sorte,
e anche allora ci pensai: "Sarà 'l diavolo o la morte".

Mi fermai a pensar da dove arrivassero quei suoni,
chiusi gl'occhi, stetti zitto per dar retta a quei frastuoni,
mi girai e vidi il luogo dell'origin del lamento,
dei sussurri indifferenti e per spiegarmi quel momento,
vidi un corpo steso a terra, freddo senza vita e inerte,
e anche allora ci pensai: "Sarà 'l diavolo o la morte".

Mi ricordo ch' anche l'aria attorno all'uomo senza vita,
si muoveva, commentava, cinica, torva e impaurita,
e provai pietà per loro, quei sussurri senza cuore,
c'era un uomo steso a terra 'sì lontano dal dolore,
io mi avvicinai ad un passo mentre in cielo spuntò Marte,
solo allora lo capii: “Non è 'l diavolo, è la morte”.

Mi fermai a guardar quel corpo così freddo e inanimato,
e quel gelo di novembre, freddo, umido e passato,
diventò persino caldo a veder dell'uomo il volto,
ero io disteso a terra che divenni 'sì scolvolto,
quelle voci che sentivo prima ciniche e sofferte,
solo allora lo capii: “Non è 'l diavolo, è mia morte”.


Raciti Sonny
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Mi ricordo di una sera di un freddissimo novembre, quante stelle e quella Luna che formavan mille ombre, mentre inquieto e pensieroso camminavo lentamente, era una serata buia, fredda, sola e fù...
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