LA PANCHINA RACCONTA

08 maggio 2023 ore 00:01 segnala


È un pomeriggio incantevole di maggio. Uno di quelli che ti fanno fare pace con te stesso e con l’universo creato. Da un bel pò, all’ombra di un vecchio pino, su una panchina che non ricorda più quante persone si siano sedute lì ad ammirare il panorama, ci sono due vecchi che parlano ad alta voce e inveiscono contro il governo, il maltempo e l’arbitro che avantieri ha negato un calcio di rigore assolutamente evidente. Entrambi hanno cappello e sigaretta accesa fra le dita. Il tono è concitato, ma a tratti anche ironico e canzonatorio nei confronti del rispettivo interlocutore. Evidentemente sono di fede calcistica opposta. Altri pensionati, poco distanti, li zittiscono invitandoli a unirsi a loro per una partita a scopone scientifico. I due sembrano accettare ma, raggiungendoli, continuano a discutere ad alta voce all’infinito dell’opportunità di dotare tutti i campi di calcio di apposite moviole consultabili istantaneamente come se questa fosse la panacea a tutti i problemi dell’umanità.

Il sole è già sul viale del tramonto; caldo ma gradevole. Fra non molto si tufferà in mare, come fa ogni sera dall’origine dell’universo. Sulla stessa panchina, che si affaccia su un lungomare del basso Salento, dal lato jonico, ora si sono rifugiati due ragazzi. Lui e Lei. Le loro rispettive posizioni, sulla panchina, rivelano inequivocabilmente un crescente interesse reciproco. Lui ha il braccio appoggiato allo schienale della panchina. Sembra protendersi a volerla abbracciare, quasi a volerla toccare. Ma non lo fa, temporeggia. È vestito sportivo, ha jeans, maglietta e scarpe rigorosamente sportive, bianche, della marca più costosa. Parla piano, racconta chissà cosa, ma di sicuro lo fa con molta partecipazione. È quasi possibile percepirne le parole, anche a distanza. Dev’essere qualcosa che lo coinvolge emotivamente. Qualcosa di intimo, molto personale. Sembra quasi una confessione che la ragazza raccoglie con totale empatia. Lei ha una felpa arancione con una vistosa scritta sul petto. I suoi capelli sono spettinati, raccolti distrattamente da una molletta in plastica color lavanda. È seduta sulla punta della panchina, lo ascolta piano, completamente rivolta verso di lui, non si perde una sola parola del suo racconto, concentrata e discreta al tempo stesso, quasi a volerlo accogliere dentro sé, proteggere, coccolare. Lui alterna rapidi sguardi bassi, come fermandosi a riflettere, ad occhiate frequenti verso di lei che cercano approvazione e partecipazione a ciò che sta dicendo. Dovrebbe aver capito da un pezzo che ha già ottenuto tutto questo ed anche qualcosa in più. Infatti, a un tratto, lei ride di gusto ed ha uno slancio fantastico verso il ragazzo che lo autorizza a baciarla. O forse è lei a baciarlo? Fa poca differenza. Adesso la comunicazione si è fatta più sussurrata e intima. A distanza ravvicinata. Poco dopo i due si alzano e si avviano abbracciati sul lungomare e presto si confonderanno nel passeggio serale.

Lo spettacolo del tramonto si è quasi concluso. Ora sulla stessa panchina ci sono altri due. Un’altra coppia. Giovani, ma non più ragazzi, in questo caso. Hanno un cane di media taglia, al guinzaglio che annusa tutto ciò che trova e viene regolarmente rimproverato. Le posizioni dei due rivelano un minore coinvolgimento reciproco rispetto alla coppia precedente. Lei sembra seduta su quella panchina più per ammirare il mare che per prestare attenzione all’uomo alla sua sinistra. Fotografa il mare col suo smartphone senza il minimo entusiasmo. È vestita elegante, ha tacchi altissimi, capelli certamente freschi di parrucchiere. Anche lui sembra distratto e poco interessato alla presenza di lei. Ha un look alla moda che sembra – soltanto quello - in perfetta sintonia con l’outfit della compagna, in modo quasi studiato. Sul collo, dalla sua camicia spunta fuori un vistoso tatuaggio colorato. Adesso guarda il cellulare, quasi per darsi un tono, e proprio in quel momento questo squilla. L’uomo risponde rapido e sembra subito avere una maggiore familiarità con la persona al telefono piuttosto che non con quella che ha al suo fianco. Ride, scherza, gesticola tenendo un tono di voce alto che si percepisce in tutta la piazzetta. Lei appare decisamente imbarazzata, accarezza nervosa il cane, finchè decide di essere di troppo. Si alza e si allontana senza che lui la rincorra in alcun modo. Prontamente, la segue anche il cane che sembra altrettanto contrariato. Infatti, dopo pochi passi, torna indietro verso la panchina, alza la zampa posteriore destra e marca il territorio colpendo, col suo schizzo, anche il pantalone dell’uomo, che bestemmia lanciandogli dietro un giornale.
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08/05/2023 00:01:54
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Commenti

  1. Elazar 08 maggio 2023 ore 12:29
    Davvero un bel brano. Quanto più affascina è la capacità di trasmettere una osservazione che interferisce con la dimensione psicologica e fisica degli attori, includendo il paesaggio, l'ora, la stagione, tutto quanto li circonda.
  2. twin.soul 08 maggio 2023 ore 15:21
    @Elazar Ti ringrazio per le osservazioni e anche soltanto per aver commentato, piuttosto che cliccato "mi piace". Io mi diverto così, scrivendo questi che chiamo “puzzle di parole”. Non sono scritti di getto, come può sembrare. Cerco di selezionare le parole fino a quando mi sembrano bene incastrate insieme, proprio come si fa con un puzzle.
  3. Elazar 08 maggio 2023 ore 19:42
    Picconare le parole, é un'arte. Contrariamente alle apparenze, lo stesso Leopardi non scriveva spontaneamente quei versi perfetti che ci ha lasciato. Probabilmente immediati erano emozioni e ispirazione, quanto alle parole, queste erano il risultato di un intenso lavoro. Hai raccontato bene un meccanismo fondamentale dello scrivere.
  4. twin.soul 08 maggio 2023 ore 20:14
    @Elazar Mi sembra di capire che scrivi anche tu....
  5. illaka 20 maggio 2023 ore 10:26
    Sulla stessa panchina, ormai é nottd, sono sedjta io.... finalmente sola
  6. twin.soul 20 maggio 2023 ore 12:06
    @illaka Allora io provo a sedermi accanto a te e dico: “Disturbo? Sa, non riuscivo a dormire e sono sceso in strada. Io abito proprio qua di fronte. Vede quella casa bianca? All’ultimo piano c’è la mia mansarda, che è un po’ il mio rifugio. Eppure, spesso, vengo a sedermi su questa panchina perché, per me, la melodia delle onde del mare funziona meglio di qualsiasi calmante. E lei? Come mai è qui, a quest’ora?”
    … a te la parola!
  7. illaka 20 maggio 2023 ore 12:08
    Ti risspondo dal pc che qui dal cell é un casino ....sono in metro!!

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