
Trentacinque anni fa, come ora, nella città indiana di Bhopal, uno stabilimento chimico della statunitense Union Carbide rilasciò, per un guasto, quaranta tonnellate di isocianato di metile, un fitofarmaco utilizzato per i pesticidi.
Siccome la fabbrica era fallita, la proprietà decise di disattivare tutti i sistemi di sicurezza che avrebbero potuto impedire il disastro.
E il disastro, ovviamente, avvenne.
Di notte, così da cogliere più gente possibile nel sonno.
In una zona densamente popolata: Bophal ha un milione e mezzo di abitanti.
In un paese che permette alle multinazionali dei paesi ricchi di produrre senza rispettare il minimo dei parametri di sicurezza: tutto profitto e nessun impegno.
Il risultato di questa oramai dimenticata tragedia furono 4000 morti nel momento del disastro, svariate decine di migliaia negli anni successivi e mezzo milione di persone contagiate dai gas e tuttora in varia misura invalide, sofferenti, malate.

Ve la ricordate questa tragedia? No? Allora, rinfrescatevi la memoria e poi vedete di non indignarvi se torme di disperati bussano alla porta. Abbiamo riempito della nostra merda le loro terre.
Questa è la conseguenza.
(No, non è una bambola quella che vedete in questa foto)

Vi lascio con una poesia Attila József, poeta ungherese, uno dei più importanti del XX secolo, morto il 3 Dicembre del 1927, a trentadue anni:
Il dolore
Il dolore è un postino grigio, muto,
col viso scarno, gli occhi azzurro-chiari;
gli pende giù dalle fragili spalle
la borsa, scuro e logoro ha il vestito.
Dentro al suo petto batte un orologio
da pochi soldi; timido egli sguscia
di strada in strada, si stringe alle mura
delle case, sparisce in un portone.
Poi bussa. Ed ha una lettera per te.
Come colonna sonora, ho pensato che "The sound of silence" nella versione dei "Disturbed" fosse la più adatta.
Buona serata.