Il tempo non aspetta che si ferma ad aspettarlo

24 settembre 2012 ore 16:06 segnala
Ci sono molti modi di dire che esprimono la velocità con cui il tempo passa e come la vita scorra via velocemente, a volte senza che ce ne accorgiamo pienamente.
Non c'è frase più dura di "di vita c'è ne è una sola", parole che possono bruciare sulla pelle di chi sente che sta perdendo la sua unica occasione.
Forse è anche per questo che si tende a credere ad una nuova vita oltre la morte, a possibili reincarnazioni o tutto quello che fa sentire meno terribile, come se fosse possibile, il distacco da questo mondo.
C'è chi esorta a vivere come se si dovesse morire l'indomani e a pensare come se si potesse vivere per sempre. Come se si potesse sempre essere così razionali...
Una cosa è sicura, il tempo non fa sconti a nessuno, non si ferma ad aspettare chi si prende un periodo di "fermo sabbatico" per decidere cosa fare della propria vita.
Infatti non ci si dovrebbe fermare. Fermarsi a capire: no, non c'è tempo che basti.
Fermarsi a piangere o pregare; quel tempo può essere speso meglio. Molto meglio.
Fermarsi per morire dentro; quel tempo non ci verrà rimborsato perché non siamo rimasti soddisfatti.
Quindi la risposta è solo una:agire.
Si, agire, fare quella telefonata o scrivere quella mail che da tempo sono rimandate.
Accettare o fare quell'invito per cui si ha paura.
Dire quelle parole che abbiamo dentro e che non facciamo uscire.
Rischiare e farsi anche male. Ma sarà sempre meglio di morire non da persone vive e
che hanno sperimentato la vita non soltanto al chiuso delle loro paure ma da un punto di vista comunque personale, comunque degno di rispetto da parte di tutti.
Non è facile, ma non c'è nulla che sia troppo facile su questa Terra.
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Ci sono molti modi di dire che esprimono la velocità con cui il tempo passa e come la vita scorra via velocemente, a volte senza che ce ne accorgiamo pienamente. Non c'è frase più dura di "di vita c'è ne è una sola", parole che possono bruciare sulla pelle di chi sente che sta perdendo la sua unica...
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Per Francesca

12 settembre 2012 ore 11:43 segnala
Non conoscevo Francesca. Non ricordo di averla mai ascoltata in radio o intravista in tv, almeno fino al punto di ricordarne il nome.
Fino a ieri, fino al momento di leggere quei titoli sui giornali e sui siti, con quelle foto che ritraggono una donna sorridente, espressiva e gagliardamente sorridente.
Il contrasto tra quelle foto ed il racconto della sua fine è stato molto forte.
Pensare ad una persona, una donna, che in una notte di settembre che si portava al giorno del suo compleanno, nella solitudine di una strada solitaria si getta da un ponte sulla ferrovia fa stringere il cuore.
Una fine sofferta e pensata, ma forse troppo inaspettata per chi appartiene ad un mondo dove le capacità comunicative e di relazione sembrano ancorare alla vita in modo più fermo e sicuro.
Invece no, in lei c'era quel pensiero sottile che la fragilità interiore fa affiorare e che porta al confine estremo della scelta più importante e definitiva.
Fa paura arrivare a quella soglia, fa tremare i polsi la determinazione di chi la supera gettandosi nel mistero della morte, considerata più accettabile di una vita forse troppo pesante e difficile da sostenere con le proprio sole forze. Con la propria gracile umanità.
Non ci sono parole da dire, commenti da fare se non rispettare le vittime degli tsunami silenziosi che si abbattono sull'anima, sconvolgendola.
Solo un pensiero e un bacio per Francesca, ovunque sia.
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Non conoscevo Francesca. Non ricordo di averla mai ascoltata in radio o intravista in tv, almeno fino al punto di ricordarne il nome. Fino a ieri, fino al momento di leggere quei titoli sui giornali e sui siti, con quelle foto che ritraggono una donna sorridente, espressiva e gagliardamente...
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Occhi pieni di malinconia

11 settembre 2012 ore 16:32 segnala
Purtroppo non ti vedrò più, difficilmente avrò la fortuna di rincontrarti.
Di perdermi nei tuoi occhi malinconici e persi in pensieri lontani.
Non rivedrò i tuoi capelli che avrei voluto accarezzare dolcemente, così come
le tue mani delicate e bianche che avrei voluto tenere tra le mie.
Mi piaceva anche il tuo piccolo seno, che si affacciava da una timida, riservata scollatura.
Avrei voluto conoscerti, ma forse è meglio così.
Vai per la tua strada e spero che il destino ti sia amico.
Ma in fondo non voglio abbandonare la flebile speranza di rivederti, così solo
per un attimo tanto per rivedere la mia malinconia nei tuoi occhi.

Spezzare le catene

10 settembre 2012 ore 15:12 segnala
Dicono i saggi che si deve imparare a stare bene con se stessi, quindi anche a stare da soli.
Bello, ma come si fa? Dove si impara? E' difficile stare da soli senza colmare quel
bisogno di qualcuno che ti aiuti a sopportare il peso della vita, non solo nel senso
dei problemi e affanni quotidiani, ma a sostenerci contro l'angoscia esistenziale che.
si tramuta in più prosaiche questioni.
Spesso scambiamo la necessità di avere un aiuto nell'affrontare questa inquietudine con il bisogno di amore, e quindi cediamo la nostra libertà o prendiamo a nostra volta la libertà di qualcun altro/a.
Solo con il tempo ci si accorge che la libertà è il bene più prezioso (insieme alla salute) e che darla in pegno a qualcuno perché ci assista nel nostro travaglio interiore porta alla perdita dell'equilibrio psichico oltre che del vero senso dell'amore.
L'amore vero non necessità del sacrificio della propria libertà, ma questo avviene, in parte, se è una scelta vera e piena e non un ripiego contro la solitudine esistenziale.
Si è soli anche in coppia, anzi di più perché si fantastica su quello che non si ha e
si da un valore distorto alle cose che non abbiamo o non avremo.
L'amore è scelta matura e può declinarsi in diverse forme, purché siano consapevoli e
comportino impegni di entrambi che non siano per questo eroici.
Espressioni come "per sempre", "per tutta la vita", "amore eterno" sono parole in libertà che troppo spesso vanno a finire nella discarica dei buoni propositi, facendo sentire inadeguate le persone che non riescono a tener fede a questi impegni che in fondo si prendono non per volontà propria ma per rispettare quello che il contesto sociale richiede.
Si dovrebbe invece spezzare le catene, qualsiasi sia la motivazione per cui le abbiamo accettate.
Solo da persone libere saremo migliori, onesti, corretti e riusciremo veramente, nel
senso pieno della parola, ad amare. Ed ad essere amati veramente e pienamente.
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Dicono i saggi che si deve imparare a stare bene con se stessi, quindi anche a stare da soli. Bello, ma come si fa? Dove si impara? E' difficile stare da soli senza colmare quel bisogno di qualcuno che ti aiuti a sopportare il peso della vita, non solo nel senso dei problemi e affanni quotidiani,...
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Apparenze

06 settembre 2012 ore 15:47 segnala
E' facile amare un cielo blu illuminato, da un sole caldo e splendente.
Ma anche una giornata grigia di nuvole può avere il suo fascino.
Così va anche con le persone, soprattutto con le donne.
Non sempre una confezione attraente contiene un regalo splendido o prezioso.
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E' facile amare un cielo blu illuminato, da un sole caldo e splendente. Ma anche una giornata grigia di nuvole può avere il suo fascino. Così va anche con le persone, soprattutto con le donne. Non sempre una confezione attraente contiene un regalo splendido o prezioso. « immagine » « immagine »
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Un ora d'amore.

02 agosto 2012 ore 16:19 segnala
Una bella canzone di molti anni fa s'intitolava "Per un ora d'amore".
Oggi che la parola amore è un po' svalutata, usata a sproposito, è difficile declinare dei sentimenti e delle sensazioni senza il rischio di essere fraintesi.
Vorrei offrire "un ora d'amore", un ora fatta di sorrisi e gentilezza, di complicità e
disincanto, di leggerezza ed ironia, di naturale divertimento.
Mi piacerebbe offrire un piccolo contributo per non soccombere allo smarrimento della solitudine esistenziale, perché è questo il male comune più diffuso tanto più oggi che
la tristezza, se non la disperazione, la mancanza di futuro e prospettive che facciano vedere un po' di rosa dove oggi c'è il nero, hanno regnano nei nostri giorni e nelle vite di molti.
E' più facile trovare sesso che amore, sono più facili, ovviamente, le cose che non vanno in profondità piuttosto che quelle che ci scuotono e fanno risuonare dentro di noi antiche paure o le cose irrisolte. E' la natura umana, non c'è da stupirsi.
Ma a volte basterebbe un sorriso, un gesto semplice, specialmente se gratuito, appunto un'ora d'amore, un contatto con qualcuno da cui non dobbiamo difenderci, ma al quale offrire quella sincerità che può sopportare anche il piccolo grande dolore di non trovare quella corrispondenza, quel qualcosa di indefinito alla testa ma chiaro al cuore che intimamente vorremmo.
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Una bella canzone di molti anni fa s'intitolava "Per un ora d'amore". Oggi che la parola amore è un po' svalutata, usata a sproposito, è difficile declinare dei sentimenti e delle sensazioni senza il rischio di essere fraintesi. Vorrei offrire "un ora d'amore", un ora fatta di sorrisi e...
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Una nuova stagione

15 marzo 2012 ore 14:49 segnala
Una luce nuova accende il giorno, rischiarando il cielo e le strade ancora percorso da un vento che appartiene ad una stagione che si farà ricordare.
Sembra già lontana la neve, il ghiaccio ed il freddo.
Un refolo d'aria calda mi fa venire il ricordo della primavera quando già sta per declinarsi in estate, un piccolo brivido, l'emozione di un ricordo che abbastanza
presto sarà presente.
Si, basta con l'oscurità e cappotti chiusi, cappelli e sciarpe, pioggia ed ombrelli.
Ben venga una nuova stagione che porti dolcezza ed un po' di speranza.
Un cambiamento naturale che sia anticipo di altri e più marcati cambiamenti.
Si, che torni la voglia di vita e d'amore, di antiche e nuove scoperte.
Una nuova stagione che torni ad emozionare il cuore, che gli faccia ritrovare i
battiti di un passato lontano ma mai sepolto e dimenticato.
Non manca molto, e come torneranno a fiorire gli alberi che torni a sbocciare la vita
nei cuori in letargo, ammuffiti di paura, malinconia e solitudine.
Un nuovo tempo, una nuova stagione per la vita e per l'amore.

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Una luce nuova accende il giorno, rischiarando il cielo e le strade ancora percorso da un vento che appartiene ad una stagione che si farà ricordare. Sembra già lontana la neve, il ghiaccio ed il freddo. Un refolo d'aria calda mi fa venire il ricordo della primavera quando già sta per declinarsi in...
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L'anno che se ne va.

29 dicembre 2011 ore 15:50 segnala
Ricordo molti anni fa di aver visto un disegno, un po' elementare e forse infantile, dove un giovanotto baldanzoso indicava ad un vecchietto con un sacco in spalla la strada per andarsene via.
Il giovane era il nuovo anno, il vecchio l'anno che stava per finire.
Un'immagine semplice ma dal messaggio potente, il cambio della guardia, l'anno che va via con il suo carico di gioie e dolori, il nuovo che arriva pieno di speranze e promesse.
Oggi, forse, dovremmo essere più cauti nel salutare un anno che passa, non abbiamo più la certezza che quello che verrà sarà sicuramente migliore.
Guardiamo al 2011 che finisce portandosi via tante cose, tanta vita, tante persone ed eventi che lo faranno ricordare a lungo. Ma tante cose brutte resteranno e non basterà cambiare calendario per non vederle.
Il 2012 sembra arrivare in punta di piedi, quasi non volesse dare nell'occhio o suscitare speranze che non potrebbe mantenere.
E fa bene.
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Ricordo molti anni fa di aver visto un disegno, un po' elementare e forse infantile, dove un giovanotto baldanzoso indicava ad un vecchietto con un sacco in spalla la strada per andarsene via. Il...
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La leggenda del lago.

29 dicembre 2011 ore 10:13 segnala
Un lago può essere un luogo incantato, specialmente se circondato da una natura rigogliosa che ammanta di verde il confine con il cielo.
Un lago può far nascere storie ma anche leggende, come quella della ragazza che sembrava danzare sull’orizzonte del lago nelle notti di luna piena.
C’era un grande lago, circondato da boschi intervallati da radure, dove l’occhio si perdeva nel cercare un punto lontano che potesse donare la pace all’anima.
E proprio lontano qualcuno sembrò vedere, in una notte di plenilunio, una donna danzare sul filo dell’orizzonte; qualcun altro, addirittura, disse di averla vista così da vicino da poterla descrivere.
Sembrava che fosse la donna cercasse qualcosa di perduto; guardava in fondo al lago come cercando una risposta, poi si ritraeva furtiva nel bosco che arrivava sulle sponde, come rispondendo ad un misterioso richiamo.
Pareva piangere nel suo cercare, oppure si sedeva tranquilla, con lieve accenno di sorriso mentre scrutava lontano, forse più dentro di sé che fuori.
Si sparse la voce e molti tentarono di vederla da vicino, ma lei si accorgeva delle presenze indesiderate e, repentinamente, si nascondeva, divertendosi un mondo come stesse facendo un gioco di bimba.
In realtà, forse il suo cercare era l’attesa di qualcuno, o forse il ritorno di qualcuno che era appartenuto alla sua vita: ed era qui che piangeva.
E, forse, quando sorrideva stava immaginando qualcosa di nuovo e di bello che sarebbe potuto arrivare prima o poi.
Nessuno riuscì veramente ad incontrarla da vicino, almeno così si narra.
Resta quindi questa leggenda su di una donna che, vivendo in equilibrio tra il pianto ed il sorriso, tra il passato ed il futuro, aveva scelto un posto dalla delicata magia e malinconica atmosfera come solo un lago sa dare.
Forse quel lago conosce le risposte ai tanti perché, forse ha udito tanti e tanti sospiri, o magari si è ingrossato per le tante lacrime amare.
Ma, talvolta, ondeggia come spinto da qualcosa di misterioso, chissà forse le parole che qualche bella anima gli sussurra; forse a farlo è proprio quella donna misteriosa mentre danza sull’orizzonte del lago.
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Un lago può essere un luogo incantato, specialmente se circondato da una natura rigogliosa che ammanta di verde il confine con il cielo. Un lago può far nascere storie ma anche leggende, come quella...
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Una sera di Natale

28 dicembre 2011 ore 16:58 segnala
Le sere di Natale sono tutte belle, specialmente se sei un bambino, e qualcuna la ricordi per tutta la vita.
Ci fu una speciale vigilia di Natale, la sera più bella dell'anno, in una grande casa dove c'era fermento per il cenone imminente, e dove grandi e piccoli giravano senza meta lietamente tra le stanze.
I ragazzini erano molto eccitati ed irrequieti e,oggettivamente, difficili da tenere a freno.
E fu così che uno dei tanti zii presenti ebbe un'idea:"Ragazzi, prendete i cappotti che andiamo a fare un giro intanto che viene preparata la tavola".
I ragazzi, naturalmente, non se lo fecero ripetere due volte e avvisati i rispettivi genitori, o almeno quello più disponibili ad ascoltare, seguirono lo zio che, già pronto di tutto punto, cappello e cappotto, li attendeva sulla porta di casa.
Scesero velocemente ma senza far baccano, come raccomandato dall'aitante zio che precedeva la piccola truppa, pronta a sfidare il freddo della sera pur di muoversi un po' e uccidere la noia.
In breve entrarono nell'auto dello zio, un Maggiolino chiaro, che li contenne sufficientemente, pur non essendo molto comodo ne offrendo molto spazio per guardare fuori.
Lo zio faceva da Cicerone, declamando le particolarità delle strade attraversata, specialmente se nelle vicinanze c'era qualcosa di pregio o addirittura un monumento.
Sembrava quasi che declamasse:"Porta Pia e il monumento al bersagliere... laggiù la breccia.... via Nazionale... pronti? ora apparirà...ecco l'Altare della Patria....bello vero?"
Si bello, la macchina da scrivere più grande del mondo, un enorme massa di marmo bianco splendeva nella notte.
Non c'era molto traffico e sui marciapiedi persone dal passo frettoloso tenevano tutte qualcosa in mano. Molti il classico panettone da gustare a fine cena.
Ben presto il Tevere fu attraversato con un piccolo bisbiglio di meraviglia da parte dei piccoli passeggeri, abbastanza taciturni e presi dall'impegno di riuscire a vedere qualcosa nonostante i finestrini del Maggiolino non fossero proprio adatti alla bisogna.
Via della Conciliazione faceva intravedere in lontananza la maestosità della basilica di San Pietro dove in brevissimo tempo zio e nipoti giunsero.
Lo zio fece lentamente il giro della piazza, circumnavigandola per uscire non dopo avere detto la fatidica frase:"Ehi ragazzi, vedete quella finestra accesa lassù?
Quella è la finestra del Papa. Mi sa che sta per andare a cena, eh già... proprio
come noi tra poco...ah ah ah."
I ragazzini rimasero, a loro modo, rapiti dallo spettacolo che rapidamente si era mostrato ai loro occhi, certo troppo rapidamente per poter essere visto tutto e bene: il colonnato...l'obelisco, la cupola e la finestra del Papa che stava per sedersi a tavola e che, forse chissà, avrebbe mangiato panettone anche lui.
Il viaggio di ritorno fu più rapido di quello dell'andata e, con la meraviglia ancora negli occhi, i ragazzini si ritrovarono sotto il portone della casa da cui erano partiti per la breve e veloce spedizione.
Parcheggiare, ovviamente allora, non prese molto tempo e, alzando i baveri dei cappotti nonché le sciarpe sulla bocca, zio e nipoti guadagnarono velocemente il rientro al calduccio della casa dove la cena era finalmente pronta.
I bambini assalirono quasi i loro rispettivi genitori per raccontare quanto visto ma non tutti ebbero il giusto ascolto e la meritata soddisfazione.
Ben presto furono tutti a tavola e, di tanto in tanto, riaffiorò il racconto della finestra accesa del Papa, e fioccarono le inevitabili domande sulla sua cena.
Ci furono anche domande sul dubbio se il Papa mangiasse o meno il panettone o se addirittura giocasse a tombola.
Innocenti questioni di bambini che portarono negli anni il ricordo di quella piccola avventura, sempre un po' più sfocata nella memoria ma viva nel cuore come un'emozione troppo bella da dimenticare. Specialmente per uno di loro.