LA IENA

28 marzo 2014 ore 09:29 segnala
Le iene sono mammiferi dell'ordine dei carnivori di media grandezza inclusi nella famiglia Hyaenidae.
Solo quattro specie sopravvivono: la iena maculata, iena bruna e la iena striata (che insieme formano la sottofamiglia Hyaeninae), e il protele crestato, che è l'unico membro della sottofamiglia Protelinae.
Sebbene somiglino a grossi canidi (cani, lupi, sciacalli e volpi), le iene in realtà formano una famiglia biologica a sé stante e in realtà più vicina agli Herpestidae o Viverridi (la famiglia della mangusta, del suricato e della genetta) e persino con i Felidi. Il loro olfatto è sviluppatissimo, riescono a percepire la presenza di una carogna o di sangue fresco a centinaia di metri di distanza: le iene sono inoltre abilissime a osservare il volo degli avvoltoi per individuare le carcasse d'animali morti. Lo storico e vescovo francese Jacques de Vitry scrisse che al tempo delle Crociate in Terrasanta si diceva che le iene imitassero la voce umana per attirare le loro vittime.
La loro organizzazione è matriarcale. I livelli di testosterone nelle femmine sono molto elevati e questo, unitamente alla presenza di una clitoride molto sviluppata, ha contribuito ad alimentare la falsa credenza che le iene fossero ermafrodite. A eccezione del protele, che vive solitario o in coppia, le iene sono animali socievoli, che formano branchi ("clan") comandati generalmente da una grossa femmina e formati da individui molto uniti tra loro (anche una decina), che difendono strenuamente il loro territorio di caccia.
Le iene sono considerate comunemente gli spazzini della savana, le principali divoratrici, insieme a sciacalli e avvoltoi, dei cadaveri dei grandi animali abbattuti dai predatori. Effettivamente questi carnivori svolgono un ruolo di "polizia sanitaria" in natura, riuscendo a divorare quasi per intero le carcasse dei grossi erbivori grazie alla formidabile forza di denti e mascelle e al loro stomaco capace di ingurgitare qualsiasi cosa (praticamente solo le corna e i peli non vengono digeriti).
Tuttavia è errato ritenere che esse si cibino solo di animali morti. Se è vero infatti che le iene brune e striate basano gran parte della loro dieta sulle carogne, è anche vero che le iene maculate (le più conosciute) sono soprattutto delle cacciatrici. Il protele crestato, infine, si nutre di insetti. Le iene sono abili rapinatrici delle prede altrui, in particolare di quelle dei leopardi e dei ghepardi; con il leone l'esito degli scontri è sostanzialmente in parità (a volte riescono a depredarlo sopraffacendolo in branco, altre volte sono i gruppi di leoni a rubare le prede uccise dalle iene), mentre un concorrente molto difficile da affrontare è il licaone, o cane selvatico colorato, che vive in branchi molto uniti e ha quasi sempre la meglio sulle iene, riuscendo ad allontanarle.
Amano rifugiarsi sotto terra ma sono mediocri scavatrici: preferiscono sfruttare le tane altrui (come quelle dei grossi oritteropi), oppure cavità naturali tra le rocce e le radici, dove le femmine partoriscono i loro piccoli. Le femmine maturano piuttosto tardi (2-3 anni) e partoriscono da 1 a 6 cuccioli, al cui sostentamento collaborano spesso gli altri membri del clan, portando cibo alla famiglia e difendendo la tana. I cuccioli vengono allattati a lungo e si possono considerare svezzati non prima d'un anno d'età.

POESIA SULLA IENA!

Attenti alle iene!

Lo so, son là!
Le sento.
Son dietro a quel cespuglio
Le stridule codarde,
Sgraziate nelle forme
Come posson' essere solo
Le mangiatrici di carogne!
Son specie
Dal lugubre passo,
Pelle orribile di pelo
Che si tende su ossa
E sopra polpa d'inferno:
Di quello fanno intendere
Dall'orrore a vista com'anche
Il fetore. Hanno fiutato:
E son lì pronte
Nel canaglio agguato!
Ogni tanto mostran
Quel rivoltevole muso
Da sopra o a lato
Di quel cespuglio ch'è
Maleodorante e divenente scuro
Per l'impietosa notte
Che amplessa fredda il cielo.
Finchè son desto,
Al coperto le bastarde
Rimarranno: non devo
Buttar giù l'animo
O socchiuder l'occhio,
Perché sarebbero lì pronte
-Fameliche vigliacche!-
Tutt'insieme lì sferranti
Il final smembrante azzanno.
Son iene e non sentirei
Rammarico certo semmai fosse
Ch'ogni leone ovunque
Spezzi lor la schiena
E le faccia estinte!

LA GIRAFFA

28 marzo 2014 ore 09:12 segnala
La giraffa (Giraffa camelopardalis, Linnaeus 1758) è un grande mammifero africano artiodattilo, il più alto tra tutte le specie di animali terrestri viventi; può superare i 5 metri di altezza e la tonnellata di peso. La più alta giraffa che si conosca misurava 5,87 m di altezza e pesava circa 2.000 kg. Le femmine sono leggermente più piccole e più leggere dei maschi.
Ha la caratteristica di avere arti e collo eccezionalmente lunghi (il lungo collo misura fino a 3 m), oltre alla lingua blu (fino a 60 cm) e alle piccole corna ricoperte di pelle (ossiconi). Caratteristico è anche il colore del mantello, pezzato più o meno finemente (a seconda delle sottospecie) di bruno su fondo beige. La giraffa appartiene alla famiglia dei Giraffidi, che comprende solo un'altra specie vivente, l'okapi (Okapia johnstoni). In swahili si chiama twiga.
I maschi possono arrivare sino a 5,5 metri fino alle corna (da 3 a 3,6 metri al garrese) e pesare tra gli 8 quintali e i 1.930 kg. Le femmine sono più piccole, arrivano a 4 o anche 4,5 metri di altezza e pesare tra i 500 e i 1.180 kg. Il mantello è coperto di macchie marroni color bruno divise da un pelo chiaro color beige. Ogni giraffa ha un mantello diverso ed è impossibile trovarne due completamente identici.
Talvolta i maschi del gruppo si prendono a colpi sul collo piuttosto bruschi; tale comportamento, noto come "necking", ha fra le sue varie funzioni quella di definire la gerarchia sociale dei maschi del branco e l'accesso alle femmine in estro. Tali scontri assumono un carattere il più delle volte innocuo, sebbene talvolta il necking possa risultare fatale. La lunghezza del collo e il peso del capo sono fondamentali per avere la meglio durante il necking, tanto che è stato ipotizzato che la lunghezza del collo sia alla base della selezione sessuale fra le giraffe.
Il necking ha anche un carattere sessuale: può infatti accadere che i maschi coinvolti nello scontro si corteggino, arrivando ad avere un rapporto omosessuale. Tale genere di rapporti fra individui di sesso maschile è più frequente rispetto ai rapporti eterosessuali. In uno studio, fino al 94% degli episodi di "monta accidentale" coinvolgono due maschi. La proporzione delle stesse attività sessuali varia fra il 30 e il 75%, e un maschio su venti ha avuto un comportamento non-aggressivo durante il necking con un altro maschio. Solo l'1% degli stessi episodi si è verificato fra giraffe di sesso femminile.
Il cibo preferito dalle giraffe sono le foglie degli alberi e più in particolare quelle delle acacie. Sembra che le spine di questi alberi non disturbino l'animale.
Grazie alla sua lunga lingua muscolosa e alle sue labbra appiccicose, la giraffa è in grado di strappare le foglie dagli alberi più alti.
I maschi mangiano con la testa alzata e le femmine con la testa piegata per evitare eventuali liti.
Per mangiare cibo a terra e soprattutto per bere da pozze o corsi d'acqua la giraffa non piega il collo all'ingiù per portare la testa in basso. Divarica invece le zampe anteriori e si abbassa mantenendo testa e collo alla stessa altezza del petto. Questo comportamento trova spiegazione nel fatto che il cuore, dovendo pompare il sangue sino al cervello che è oltre tre metri più in alto, è molto potente. Se la giraffa portasse la testa più in basso del muscolo cardiaco il sangue giungerebbe al cervello con una pressione arteriosa inaccettabile e quindi potenzialmente letale. Anche la posizione con testa a livello del cuore le provoca fastidio: per questo i tempi di bevuta di una giraffa sono sempre assai ridotti, rispetto a quelli di altre specie. In realtà, nella parte distale del collo esiste una rete vascolare detta rete mirabile che impedisce un eccessivo flusso sanguigno alla testa quando la giraffa l'abbassa, tant'è vero che quando si sente al sicuro dorme sdraiata senza alcun problema

POESIA SULLA GIRAFFA!

Ci guarda dall’alto in basso
ma non è mica arrogante.
Chiunque a quell’altezza
avrebbe l’aria un po’ distante.
Prendono in giro la lumaca
perché ci mette ore e ore.
“Prova tu,” ribatte pacata,
“a trascinar l’abitazione!”
La s di serpente
sibila lentamente
sul bianco abbacinante
della pagina silente.
Alle mostre di Chagall
le mucche del paese
si vantavano coi galli
di volare a più riprese.
Quelle goffe oche delle
foche, vere malelingue,
invidiano il pinguino
e dicono che è pingue.
La mosca bianca
e la pecora nera
giocano a scacchi
quando scende la sera.

L'ELEFANTE

28 marzo 2014 ore 09:05 segnala
Gli elefanti sono mammiferi Proboscidati appartenenti alla famiglia degli Elefantidi (Elephantidae - Gray, 1821).
Vivono normalmente fra i 50 e i 70 anni, ma l'elefante più longevo di cui si ha notizia ha raggiunto gli 82 anni. L'esemplare più grosso mai trovato fu ucciso in Angola nel 1956: era un maschio di 12 000 kg di peso, per un'altezza alla spalla di 4,2 metri (un metro più alto della media dell'elefante africano).
Tradizionalmente la famiglia si considerava costituita da due specie, l'elefante indiano o asiatico (Elephas maximus) e l'elefante africano (Loxodonta africana). Recentemente è stata identificata una terza specie (precedentemente considerata una sottospecie di L. africana), l'elefante africano delle foreste (Loxodonta cyclotis).
Sono animali grigi di grande mole, con occhi relativamente piccoli e grandi orecchie mobili; sono dotati di 2 zanne prominenti (da cui si ricava l'avorio) e di una proboscide, derivata dalla fusione di naso e labbro superiore: un organo molto versatile, prensile, dotato di numerose terminazioni nervose.
Gli elefanti hanno un udito e un olfatto sviluppatissimi, che compensano una vista piuttosto debole.
La gestazione dura circa 21 mesi; viene partorito un piccolo che alla nascita pesa circa 120 kg. I parti gemellari sono molto rari e interessano meno del 2% delle nascite.
Gli elefanti sono erbivori e si nutrono principalmente di fogliame degli alberi. Necessitano di grandi quantità di cibo, e il loro passaggio ha un effetto devastante sulla vegetazione; di conseguenza, tendono a spostarsi in continuazione. Prima dell'avvento dell'uomo, che ne ha limitato fortemente la circolazione sul territorio, erano certamente una specie meno stanziale di quanto non appaia oggi.
A partire dalla maturità superiore, gli elefanti rivelano un carattere irrequieto, che non raramente può portare a episodi di aggressività, anche nei confronti dell'uomo. La fase di massima eccitazione dei maschi, in cui sono più pericolosi, viene chiamata must, ed è ben nota ai gestori di circhi o zoo. Essi non sono monogami: di solito, il maschio vive con la femmina per un periodo piuttosto lungo, anche anni, per poi cambiare compagna. La struttura sociale è complessa, organizzata in gruppi di femmine imparentate tra loro e facenti capo a una matriarca. A margine del gruppo principale vi sono gruppi più piccoli di maschi che, nel periodo del "must", combattono tra loro per scegliere la gerarchia di accoppiamento.
Gli elefanti sono dotati di una proverbiale memoria; individui addomesticati hanno mostrato di poter riconoscere una persona anche a distanza di anni.
Oltre alle zanne, l'elefante ha altri 4 enormi denti (molari). L'intestino è eccezionalmente lungo (nelle specie africane misura mediamente 37 metri) e predisposto alla digestione di qualsiasi tipo di vegetale. Il cervello dell'elefante è quattro volte più grosso di quello di un uomo (in proporzione però è più piccolo, perché un elefante pesa circa 100 volte più di un essere umano).
Nonostante la somiglianza esteriore, gli elefanti africani e asiatici presentano alcune importanti differenze sul piano anatomico. Lo scheletro dell'elefante africano ha 21 paia di costole e 26 vertebre caudali, mentre l'elefante asiatico ne ha rispettivamente 19 e 33. Nel primo il cranio è appiattito sulla fronte, nel secondo molto incurvato. Nell'elefante asiatico, inoltre, le zanne sono più corte di quelle dell'elefante africano. Altra visibile differenza tra l'elefante africano e l'elefante asiatico è la dimensione delle orecchie: il primo ha i padiglioni auricolari molto più grandi (183 cm lunghezza e 114 cm di larghezza) rispetto a quelli del secondo (60 cm di lunghezza e 30 cm di larghezza).

POESIA SULL'ELEFANTE!

insetto
Un insetto deve
Per forza strisciare;
non puo' ergersi
al tuo elevato livello.
Sei un elefante alto,
mastodontico.
Mi schiacceresti senza vedermi,
e una chiazzetta rossa
irrorerebbe per un attimo
la terra bruna.
Pochi ricorderebbero,
persino che sono venuto al mondo.
La dipartita di un insetto dal mondo
E' simile a un alito di vento.
Nelle fredde, buie tane
Di noi insetti
Sara' celebrato un funerale,
sentito e appassionato.
Lo spettacolo delle telecamere
Non offendera' il nostro dolore.
Tu, o elefante,
stramazzerai a terra,
cagionando forte movimento sussultorio.
Molti ricorderanno con piacere
L'essere ingombrante
Che ha lasciato la vita

LA ZEBRA

28 marzo 2014 ore 08:58 segnala
Le zebre sono animali dal mantello rigato, costituito da bande chiare e scure alternate, il cui numero, direzione e disposizione varia da una specie all'altra. Presentano incollatura poderosa, criniera eretta, orecchi abbastanza grandi e testa grossa, in proporzione al corpo. Questi caratteri sono variabili e le avvicinano al cavallo e all'asino. Lo zoccolo ricorda quello del mulo. Le zebre posseggono le castagne solo negli arti inferiori.
Vivono esclusivamente in Africa. Benchè la disposizione della barratura giochi un ruolo determinante nella classificazione delle specie, la divisione in gruppi non è mai basata unicamente su tale disposizione. Si è potuto constatare che queste divisioni, fondate su dati anatomici precisi, risultano confermate dalla disposizione caratteristica delle righe.
Le zebre sono animali gregari che vivono in branchi di 7-8 elementi, talvolta anche di più. Le diverse specie non si uniscono mai tra loro, ma si uniscono spesso con altri animali come lo gnu, lo struzzo e i bufali.
Gli struzzi in particolare sono fedeli compagni delle zebre, che traggono profitto dalla vigilanza e dalla prudenza innate di questi enormi uccelli. Le zebre abitano di preferenza le grandi praterie africane.
Durante le ore più calde del giorno, cercano di proteggersi dal sole stando una contro l'altra nella scarsa ombra che trovano. Quando il sole cala, il branco comincia a pascolare, la sera va a bere sotto la guida di un maschio vigile, poiché questo è il momento in cui la zebra può venire attaccata. Al minimo segnale di pericolo, fuggono al galoppo, raggiungendo i 60 Km/h. Se un felino riesce a raggiungerle, deve subito mettere fuori combattimento la zebra, altrimenti questa si difenderà energicamente a colpi di denti e di zoccoli, costringendo spesso l'assalitore a battere in ritirata.
Ecologia e comportamento delle zebre: Le zebre non sono molto esigenti per il nutrimento, senza mai essere abbondante è sempre sufficiente nelle regioni in cui vivono. Quando diviene scarso le zebre migrano verso zone più fertili. Queste migrazioni sono periodiche e corrispondono ai periodi di siccità. Il grido della zebra assomiglia a quello dell'asino e del cavallo senza assimilarsi a nessuno dei due.
Tutti i sensi risultano sviluppati; nessun rumore sfugge loro e anche la vista è molto acuta. La durata della gestazione varia dai 345 ai 390 giorni.
La femmina partorisce un solo piccolo alla volta, che sgambetta subito dopo la nascita dietro la madre, che non si dimostra molto vigile. Alla nascita le barrature sono bruno chiaro, crescendo divengono bruno scuro, quasi nero. La durata della vita non supera i 28 anni.Oltre all'uomo il principale nemico è il leone,che le attacca soprattutto al crepuscolo. Al calo della notte, il mantello della zebra diventa mimetico.
A condizione di addomesticare la zebra fin da giovane risulta un animale socievole e possono venire montate e aggiogate. In Gran Bretagna sono stati realizzati molti incroci fra zebre e cavalli. Questi ibridi sono molto più resistenti al freddo e più facili da addomesticare. Inoltre resiste alla malattia del sonno, trasmessa dalla mosca tse-tse.
Le zebre, un tempo molto diversificate, sono state cacciate così intensamente che alcune specie si sono completamente estinte ed altre sono notevolmente ridotte. Attualmente esistono solo tre specie di zebre che si distinguono tra loro specialmente per la forma e la disposizione delle righe, e sono: la zebra di Grévy o zebra reale per la statura, l'armonia delle forme e l'eleganza; la zebra di montagna o zebra comune e la zebra di Grent.

Non chiedere troppo.

Un giorno chiesi alla zebra:
sei una zebra bianca con strisce nere
o sei nera con strisce bianche?

La zebra guardandomi mi chiese:
sei tu un uomo agitato con alcuni istanti tranquilli
o sei un uomo tranquillo con alcuni attimi agitati?
sei un tipo trasandato con alcuni modi ordinati
o sei un tipo ordinato con alcune cose trasandate?
Sei un uomo felice con alcuni attimi di tristezza
o sei triste con alcuni momenti di felicità?
Non chiederò mai più alla zebra delle sue strisce.
Luca Dep

IL CINGHIALE

27 marzo 2014 ore 13:30 segnala
Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi.
Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne ed un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, in virtù di questo strettissimo legame con l'uomo il cinghiale appare assai frequentemente, e spesso con ruoli da protagonista, nella mitologia di moltissimi popoli, e solo nel corso del secolo passato ha cessato di essere una fonte di cibo di primaria importanza per l'uomo, soppiantato in questo dal suo discendente domestico, il maiale.
Originario dell'Eurasia e del Nordafrica, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale ed anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza ed adattabilità, che al giorno d'oggi viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione e risulta assai arduo tracciarne un profilo tassonomico preciso, in quanto le varie popolazioni, originariamente pure, hanno subito nel tempo l'apporto di esemplari alloctoni o di maiali rinselvatichiti.
Il cinghiale è originario dell'Eurasia e del Nordafrica: esso era inoltre diffuso in tempi storici anche in Inghilterra ed Irlanda. La forte pressione venatoria alla quale questo animale è stato praticamente da sempre sottoposto da parte dell'uomo ne provocò la scomparsa dalle isole britanniche probabilmente durante il corso del XIII secolo, salvo poi esservi reintrodotto a più riprese fra il 1610 (da parte di re Giacomo I) ed il 1700: questi tentativi di reintroduzione del cinghiale, peraltro, si risolsero sempre in un fallimento, in quanto la pressione venatoria sulle popolazioni introdotte era sempre maggiore rispetto al ritmo riproduttivo di queste ultime.
Il cinghiale fu inoltre importato dagli spagnoli in Nordamerica attorno alla metà del Cinquecento: attualmente, esso si è naturalizzato in vaste aree degli Stati Uniti, dove è conosciuto col nome colloquiale di razorback. Nel 1900, il cinghiale era sparito dalla Danimarca, dalla Tunisia e dal Sudan, mentre era sull'orlo dell'estinzione in Germania, Austria e Russia. La popolazione francese di cinghiali, invece, rimaneva stabile.
A partire dal 1950 l'areale del cinghiale tornò ad espandersi e questi animali riconquistarono vaste porzioni del loro areale, diffondendosi a nord fino ad Arcangelo, oltre che in Danimarca e Svezia, complici le fughe di esemplari allevati in cattività ed in seguito rinselvatichitisi. L'esplosione demografica del cinghiale negli anni del Dopoguerra è dovuta a una serie di cause concatenate: fra queste, la più importante è sicuramente lo spopolamento delle zone rurali e di media montagna a causa dell'ingente flusso migratorio verso le aree urbane, col conseguente abbandono di vaste aree rurali che vennero prontamente ricolonizzate dagli abitanti del bosco, fra cui per l'appunto il cinghiale.
In Italia la specie è distribuita, seppure con areale discontinuo, dalla Valle d'Aosta fino alla Calabria, oltre che in Sardegna, in Sicilia, nell'isola d'Elba ed in altre piccole isole, dove però è stato introdotto dall'uomo in tempi recenti. Popolazioni meno numerose si incontrano in alcune regioni prealpine e sui monti di Lombardia, Veneto, Trentino e Friuli. È stato inserito nell'elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose al mondo. I cinghiali europei sono tipici abitatori dei boschi ben maturi ed in particolare dei querceti, mentre le sottospecie africane ed asiatiche sembrano preferire le aree aperte e paludose: in generale il cinghiale si dimostra però assai adattabile in termini di habitat, e colonizza praticamente ogni tipo di ambiente a disposizione. Nei territori occupati dai cinghiali deve tuttavia essere sempre presente una fonte d'acqua, dalla quale l'animale non si allontana mai molto.
Pertanto, il cinghiale evita le aree desertiche, rocciose e quelle a forte precipitazione nevosa, dove per l'animale risulta disagevole grufolare. I cinghiali, tuttavia, tollerano molto bene il freddo (resistono a temperature di decine di gradi al di sotto dello zero), mentre sono meno adattabili a climi eccessivamente caldi, dove danno segni di sofferenza: l'umidità dell'ambiente li interessa relativamente poco, grazie al pelo altamente isolante.
Gli esemplari adulti misurano fino a 180 cm di lunghezza, per un'altezza al garrese che può sfiorare il metro ed un peso massimo di un quintale circa. Sussistono tuttavia grandi variazioni di dimensioni e peso a seconda delle sottospecie, con tendenza all'aumento dei sopracitati parametri in direttrice Sud-Ovest/Nord-Est: gli esemplari spagnoli di cinghiale, infatti, raramente superano gli 80 kg di peso, mentre in Russia si avrebbe notizia di esemplari di peso superiore ai tre quintali. In ogni caso, i maschi hanno dimensioni e peso ben maggiori rispetto alle femmine.
Nelle Alpi Italiane il peso dei cosiddetti "neri", soggetti con mantello scuro, grigio-nerastro, morfologicamente adulti, oscilla tra i 100 ed i 200 kg: nel centro e sud Italia, invece, il peso medio è sugli 80–90 kg, con esemplari che possono raggiungere il quintale e mezzo di peso.
Si tratta di animali dalla dieta onnivora e molto varia, come dimostra la dentizione mista e lo stomaco scarsamente specializzato (solo due compartimenti, a differenza dei tre dei pecari e dei quattro dei ruminanti): pur nutrendosi principalmente di materiale vegetale, come ghiande (nei periodi in cui queste sono particolarmente abbondanti il cinghiale non mangia praticamente altro), frutti, bacche, tuberi, radici, e funghi, il cinghiale non disdegna di integrare di tanto in tanto la propria dieta con materiale di origine animale, come insetti ed altri invertebrati, uova e talvolta anche carne e pesce, provenienti questi principalmente da carcasse dissotterrate o trovate nei pressi dell'acqua.
Ogni tanto, i cinghiali cacciano attivamente, scegliendo come proprie vittime piccoli animali come rane e serpenti, ma anche prede di una certa dimensione, come cerbiatti ed agnelli. Il finissimo olfatto di questo animale gli consente di fiutare il cibo anche qualora questo si trovi sottoterra.

E INFINE UNA BELLISSIMA POESIA SULLA CACCIA AL CINGHIALE!
Gelida è l’alba su quel versante
pago in eterna attesa il prezzo di un istante…..
in capo ai miei pensieri la bestia furba e scura
che teme la presenza di chi non ha paura.

Il rumore del silenzio mi scuote dal torpore
è forse giunta l’ora di rendergli l’onore?
Al pensiero dell’incontro l’emozione sale
sperando che un sol colpo gli sia più che fatale…..

battuto assai è il passaggio che porta alla radura
carico il fucile poi tolgo la sicura…..
in lontananza s’ode il canto della muta
braccar la bestia nera verso la posta giusta.

Mentre il vento della valle trasporta quel rumore
che desta l’attenzione…..
sii pronto all’evenienza stai in guardia cacciatore….

la sento, è lei, ormai è vicina, il cuore freme in gola,
trattengo il respiro pronto per il tiro…..
un attimo un secondo la vedo rotolar
giù dal pendio imbiancato che di rosso a colorar.

E’ pallido il sole nel cielo che cala dietro il monte
portando con se l’epilogo del dì …..e il buio della sera
che solo ho dedicato a te mia BESTIA NERA.

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Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi. Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne ed un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, in virtù di questo strettissimo legame con l'uomo il cinghiale appare assai...
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27/03/2014 13:30:46
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IL CERVO POMELLATO

27 marzo 2014 ore 13:26 segnala
Il cervo pomellato, noto anche come chital, è una specie di cervo piuttosto comune che abita nelle aree boschive di Sri Lanka, Nepal, Bangladesh, Bhutan, India e, con un piccolo numero di esemplari, Pakistan. In India è noto con molti altri nomi, tra i quali ricordiamo: Chital horin in bengalese, Thith Muwa in singalese, Jinke in kannada, Pulli Maan in tamil e malayalam, Duppi in telugu, Phutuki Horin in assamese, Haran o Harin in marathi e Hiran in hindi e urdu (gli ultimi due nomi derivano da Harini, parola sanscrita che significa «cervo»). È la specie di cervo più comune nelle foreste indiane.
Il mantello del cervo pomellato, dal colore di fondo fulvo-rosato, è ricoperto di macchie bianche; anche la regione ventrale è bianca. I palchi, che cadono ogni anno, sono a forma di lira, presentano solitamente tre punte e possono raggiungere i 75 cm di lunghezza. Rispetto al cervo porcino, il suo parente più stretto, il cervo pomellato ha una costituzione più adatta alla corsa. Presenta anche tratti morfologici più evoluti, come pedicelli dei palchi relativamente più corti e bolle uditive più piccole, nonché narici più grandi. Misura circa 90 cm di altezza al garrese e pesa circa 85 kg; i maschi sono più grandi delle femmine. Vive intorno agli 8-14 anni.
Il cervo pomellato possiede ghiandole preorbitali ben sviluppate, fornite di peli rigidi simili a piccoli ramoscelli. È inoltre dotato di ghiandole metatarsali e podali sulle zampe posteriori. Nei maschi le ghiandole preorbitali sono più grandi che nelle femmine e si aprono molto spesso in risposta a certi stimoli.
Il cervo pomellato è diffuso in India (tra gli 8 e i 30° N), Nepal, Bhutan, Bangladesh e Sri Lanka. Si spinge a ovest fino alle regioni orientali del Rajasthan e al Gujarat. A nord, si incontra fino alla regione del terai, ai piedi dell'Himalaya, alle regioni meridionali di Uttar Pradesh, Uttarakhand e Nepal, a quelle settentrionali del Bengala Occidentale, al Sikkim, all'Assam occidentale e alle vallate boscose del Bhutan al di sotto dei 1100 m di quota. Il limite orientale della sua diffusione va dall'Assam occidentale fino alla regione dei Sunderbans, in Bengala Occidentale (India) e Bangladesh. Limite meridionale dell'areale è lo Sri Lanka. Il cervo pomellato popola quasi tutte le zone boscose della penisola indiana, ma in alcune aree, come le regioni centrali, nord-orientali e sud-orientali del Bangladesh, si è estinto. l cervo pomellato vive generalmente in branchi composti da dieci-cinquanta esemplari di ambo i sessi. I grandi maschi dominanti, con palchi non ricoperti di velluto, rimangono al centro del gruppo e sono circondati dalle femmine e dai loro piccoli. I maschi più piccoli, con palchi ricoperti di velluto, occupano i confini del gruppo. I maschi prestano particolare attenzione ai maschi di eguali dimensioni che entrano a far parte del gruppo, seguendoli, pascolando in loro compagnia e mettendosi in mostra di fronte a loro. Le dispute sono più frequenti tra i maschi giovani, mentre i grossi maschi più vecchi preferiscono marcare il territorio rilasciando secrezioni odorose, calpestando il terreno con gli zoccoli o strofinando i palchi su arbusti e alberelli. I grossi maschi con palchi rigidi vengono più spesso tenuti a distanza. Talvolta i maschi si rizzano sulle zampe posteriori per marcare i rami degli alberi soprastanti.Il cervo pomellato viene classificato dalla IUCN tra le specie a basso rischio, «poiché occupa un vasto areale con popolazioni molto numerose». Attualmente, questa specie non corre alcun rischio e molte delle sue popolazioni vivono in numerose aree protette. Tuttavia, in parecchie zone, alcune popolazioni sono minacciate dalla caccia e dalla competizione con il bestiame domestico. La caccia, effettuata a scopo alimentare, ha già causato il declino di alcune popolazione ed estinzioni locali. Il cervo pomellato è specie protetta in India dal 1972 e in Bangladesh dal 1974. I due motivi principali che hanno consentito a questa specie di prosperare sono il suo stato legale di specie protetta e l'ottima gestione delle aree protette in cui vive.

AFROISMI SUL CERVO.

Abituati alla paura, e sarai sempre all'erta, come un cervo che attraversa la radura.
Mike Tyson

Tu devi contare su un colpo solo, hai soltanto un colpo, il cervo non ha il fucile, deve essere preso con un colpo solo. Altrimenti non è leale.
Michael Vronsky (Robert De Niro), in Il cacciatore, 1978.

LA LIGRE

27 marzo 2014 ore 13:20 segnala
La ligre (chiamato anche litigre o leontigre) è un incrocio tra un leone maschio e una tigre femmina.
Questi incroci sono documentati solo in cattività. Infatti leoni e tigri normalmente non condividono il loro territorio e perciò non hanno molte possibilità di accoppiarsi fra di loro. Attualmente si hanno casi di coesistenza fra tigri e leoni solo nella Foresta di Gir, in India. Anticamente coesistevano in Persia e Cina. Le abitudini delle due specie sono molto differenti e rendono quindi improbabile un eventuale incrocio naturale.
La ligre cresce di più di leoni e tigri, alcuni esemplari maschi possono raggiungere i 3.65 metri di lunghezza e i 450 chilogrammi di peso mentre le femmine raggiungono i 3.30 metri di lunghezza e i 320 chilogrammi di peso (per fare un confronto, i tipi di tigre più grandi, le tigri siberiane e le tigri del Bengala, non superano i 3.2 - 3.3 metri di lunghezza, e i 280-300 chilogrammi di peso). Si ritiene che questo accada poiché in questo caso la tigre femmina non trasmette nessun gene inibitore della crescita come avviene nelle leonesse e non avendo questo gene, le ligri hanno un ritmo di crescita molto più elevato, sino al raggiungimento della taglia massima a circa 6 anni (come in leoni e tigri). Questo rende la Ligre il più grosso felino al mondo per dimensioni.
Il ligre non è un animale ufficialmente riconosciuto come "specie" e difficilmente potrà esserlo, data la azoospermia riscontrata negli esemplari maschi conosciuti. Tuttavia le femmine sono fertili e si possono accoppiare con tigri, dando vita al ti-ligre, o con leoni, dando vita al leo-ligre, entrambi di dimensioni comparabili. A maggio del 2013, nello zoo di Novosibirsk (Russia), la ligre Zita ha dato alla luce tre cuccioli di leo-ligre.In Italia tre esemplari di leontigre risultano essere ospitati presso lo Zoo d'Abruzzo, area faunistica a Rocca S. Giovanni (CH).Il ciclo vitale di questo animale ha una durata compresa tra i 15 ed i 26 anni.
Essendo di taglia decisamente maggiore sia dei leoni che delle tigri, il ligre ha bisogno di un quantitativo alimentare all'incirca doppio di quello dei genitori. Se un leone maschio arriva a consumare 5/6 chilogrammi di carne cruda ogni giorno e una tigre femmina 3/4 chili, il ligre arriva a consumarne 11-14 kg.

LA LINCE

27 marzo 2014 ore 13:17 segnala
La lince europea è la più grossa specie di lince esistente. È più grande di un gatto selvatico e le sue dimensioni coincidono pressappoco con quelle di un cane di taglia media come il pastore tedesco o il pastore belga. Il suo peso è distribuito in modo tale da permettergli movimenti agili e veloci, indispensabili per la cattura delle sue prede. Pesa dai 25 ai 33 kg, sebbene siano stati registrati esemplari di particolare grandezza che abbiano sfiorato i 40 kg. Ha un'altezza che si aggira tra i 70/80 cm alla spalla, ed è lunga circa 110/150 cm. La colorazione del mantello è molto variabile: si passa da un grigio scuro uniforme ad un bruno rossiccio, con macchie evidenti. A lato del muso sono ben osservabili i ciuffi di pelo sulle guance che sembrano formare delle folte "basette"; anche sull'estremità delle orecchie sono presenti due ciuffi di pelo di colore scuro lunghi 4–5 cm. Le zampe sono munite di unghie affilate che vengono retratte durante la deambulazione; esse sono inoltre grandi e pelose consentendo così all'animale di spostarsi con facilità anche nella neve fresca oltre a muoversi in maniera talmente silenziosa da diventare quasi impercettibile. Va precisato che le zampe posteriori sono più lunghe di quelle anteriori rendendo possibile balzi di notevoli dimensioni e scatti veloci. La lince possiede 28 denti: i quattro lunghi canini sono fondamentali per l'uccisione delle prede.
Possiede una vista e un udito eccezionali e riesce a saltare fino ad un'altezza di 3 metri. La vita media di un esemplare di lince in libertà, può variare dai 10 ai 15 anni.
La lince preda principalmente animali di piccole o medie dimensioni come lepri, conigli, vari roditori, volpi, uccelli, invertebrati e rettili. Attacca però anche animali di dimensioni maggiori quali daini, caprioli, mufloni e giovani cervi e cinghiali ( più raramente questi ultimi, data la loro estrema abilità nel difendersi). Le linci del Nord Europa attaccano talvolta esemplari di alci e renne, cosa che, tuttavia, può esporle a particolari rischi, tranne che nel periodo invernale quando i movimenti di queste grandi prede vengono resi più difficili dalla neve. La caccia avviene soprattutto al crepuscolo: la lince, nascosta nel fitto della vegetazione, aspetta il sopraggiungere della preda per poi aggredirla di sorpresa con un balzo fulmineo, perlopiù alla gola o al collo, nel tentativo di ucciderla immediatamente. Se il primo attacco fallisce, consentendo la fuga della preda, la lince generalmente desiste dall'inseguimento a causa dell'inadeguatezza del suo apparato circolatorio che non le consente sforzi prolungati. Questo carnivoro si nutre prevalentemente delle parti muscolari dell'animale ucciso, lasciando gli organi interni intatti nella loro sede. La preda non viene consumata in una sola volta dalla lince, la quale, se non disturbata, ritorna ripetutamente a nutrirsene avendo cura ogni volta di nascondere i resti con fogliame e materiale vario. Le sue capacità visive, seppur eccezionali, sono meno sviluppate di quanto voglia lasciare intendere il ben noto luogo comune ("occhio di lince"). Più che alla vista, pare che l'animale si affidi all'udito, capacità molto più utile considerando l'ambiente forestale dove vivono questi felidi. Perfettamente adattato alla necessità di cacciare in ambiente di foresta con condizioni di limitata visibilità. L’odorato è invece relativamente poco sviluppato.
La lince è un animale solitario ma, in alcuni casi si sono visti due adulti (generalmente di sesso opposto) cacciare in coppia. Questi avvenimenti ad ogni modo, non sono molto frequenti tra le linci e gli adulti si incontrano perlopiù solo durante il corteggiamento e l'accoppiamento. La lince difende con determinazione il suo territorio e spesso mostra ostilità contro qualunque predatore vi si introduca per cacciare, dalla faina al lupo che però, essendo, la maggior parte delle volte in branco riesce a tenerla a bada. Uno dei motivi che ha decretato la condanna di questa fiera in diverse zone dell'Europa è stato proprio il suo comportamento ostile verso i concorrenti alimentari. Infatti, più di un pastore non ha accettato di buon grado la morte di uno dei propri cani, avventuratosi ingenuamente nel territorio di una lince. Questi animali, sono soliti marcare il territorio orinando su degli arbusti o su dei tronchi d'albero. Una particolarità è che l'orina della lince cristallizza, emanando un forte odore. Oltre a questo sistema di marcatura, le linci sono soliti anche graffiare le cortecce degli alberi. La lince vive solitamente nelle regioni boschive con un terreno abbastanza aspro e roccioso dove si possono nascondere e moltiplicare le prede e vi è quindi maggior possibilità di trovare animali da cacciare. Un territorio roccioso è importante anche per poter trovare più facilmente rifugio durante l'inverno o durante l'accudimento dei cuccioli. La sua zona di caccia è molto ampia e varia mediamente tra i 200 ed i 300 km², a volte arriva a superare i 400 km².

Un unico afroismo.

In un mondo di ciechi occhio di lince è quello con un occhio solo.

LA PANTERA "NERA"

27 marzo 2014 ore 13:14 segnala
Pantera nera è il nome comune con cui vengono indicati gli esemplari neri (varianti melaniche) di alcune specie di felidi. Zoologicamente parlando, il termine pantera è sinonimo di leopardo. Il genere Panthera è una categoria tassonomica che comprende tutte le specie di un particolare gruppo di Felidi. In Nordamerica il termine pantera viene usato comunemente per indicare il puma; in America Latina viene più spesso usato per il giaguaro. Altrove nel mondo viene riferito al leopardo (originariamente gli esemplari con la coda più lunga venivano ritenuti pantere e gli altri leopardi; è un comune malinteso che il termine pantera indichi necessariamente un individuo melanico).
Il melanismo è più comune nei giaguari (Panthera onca) - dove è dovuto a causa di una mutazione di un gene dominante - e nei leopardi (Panthera pardus) - dove è dovuto a causa di una mutazione di un gene recessivo-. L'esame ravvicinato di uno di questi felini neri mostra ancora la presenza delle tipiche macchie, semplicemente nascoste dal soprannumero del pigmento nero melanina. Felini melanici possono nascere in una cucciolata insieme ad altri piccoli che non lo sono. Nei felini che cacciano specialmente di notte la condizione non è dannosa. Esistono anche pantere bianche, le quali sono individui albini o leucistici delle tre stesse specie sopracitate.
È probabile che il melanismo sia una mutazione evolutiva favorevole, con dei vantaggi selettivi per il suo possessore sotto certi aspetti, dal momento che è molto più comune nelle regioni con fitte foreste, dove il livello di luminosità è più basso. Il melanismo può anche essere collegato con mutazioni benefiche nel sistema immunitario.
Questa è la forma più comune di pantera nera in cattività ed è stata allevata selettivamente per decenni come attrazione o come animale domestico esotico (ma questi incroci fatti per conservarne l'aspetto ne hanno condizionato il temperamento). Sono più piccole e di costituzione più leggera dei leopardi. Nei leopardi neri le macchie sono ancora visibili, specialmente in certe zone dove formano un effetto seta dipinta. Il colore della pelle è un misto blu-nero-grigio e viola con rosette. Una pantera nera è abile nel cacciare e uccidere animali anche più pesanti di lei di 600 kg, anche se questo avviene raramente, a causa della competizione con tigri e leoni.
Leopardi neri sono stati avvistati nelle aree più densamente forestate di Cina sudoccidentale, Myanmar, Assam e Nepal; intorno a Travancore e in altre regioni dell'India meridionale e si dice che siano comuni sull'isola di Giava e nella parte meridionale della penisola malese, dove sono più numerosi dei leopardi maculati. Sono meno comuni nell'Africa tropicale, ma sono stati avvistati in Etiopia (l'antica Abissinia), nelle foreste del Monte Kenya e sugli Aberdare. Un esemplare è stato visto da Peter Turnbull-Kemp nella foresta equatoriale del Camerun.
Le pantere nere adulte sono più educate, ma nervose e pericolose dei loro simili maculati. È una leggenda quella che le vuole spesso rifiutate da piccole dalle loro madri a causa del loro colore. Attualmente si sostiene che siano più pericolose in seguito agli incroci che sono stati fatti per preservarne il colore. Il temperamento dubbio è un effetto collaterale degli incroci. Nascono proprio da questo carattere i problemi nelle cure materne e inoltre la vicinanza degli uomini stressa la madre. Come sostenuto nell'Enciclopedia della Natura di Funk e Wagnalls, i leopardi neri sono meno fertili dei leopardi normali, avendo cucciolate medie di 1,8 piccoli, rispetto ai 2,1 degli altri. Anche questo dovrebbe essere causato dalla loro natura nervosa.
Nei primi anni '80 lo zoo di Glasgow, in Scozia, acquistò una vecchia femmina di leopardo nero di 5 anni dallo zoo di Dublino, in Irlanda. Venne esposta per alcuni anni prima di essere trasferita allo zoo di Madrid, in Spagna. Questo leopardo aveva un mantello nero uniforme abbondantemente cosparso di peli bianchi come se fosse ricoperto di ragnatele. Le venne dato perciò il soprannome di Pantera Ragnatela. La causa di ciò sembrò essere la vitiligine e invecchiando i peli divennero molto più bianchi. Da allora sono state ritrovate e fotografate negli zoo altre Pantere Ragnatela.

IL LEOPARDO

27 marzo 2014 ore 13:09 segnala
Il leopardo (Panthera pardus Linnaeus, 1758) è un carnivoro della famiglia dei Felidi. È diffuso in tutta l'Africa e nell'Asia meridionale e orientale, con un numero di individui particolarmente alto nelle Isole della Sonda.
È da sempre uno dei più noti tra i felini selvatici; dopo il leone e la tigre è probabilmente il grande felino che ha avuto la maggiore considerazione nella cultura europea tradizionale, citato soprattutto per la sua furtività e agilità nei movimenti. In passato esisteva (e in parte esiste ancora oggi) la tendenza, nel senso comune, a identificare erroneamente come leopardi altri grandi felini di dimensioni e aspetto simili, come il giaguaro e il ghepardo; inoltre il termine leopardo è stato esteso in epoca moderna per indicare due specie asiatiche di felidi distinte rispetto a Panthera pardus, il leopardo delle nevi (Uncia uncia) e il leopardo nebuloso (Neofelis nebulosa).
Le dimensioni di questo felide sono di circa 75 cm di altezza al garrese, 136 cm di lunghezza senza la coda, che può arrivare fino ad un metro ed un peso medio di circa 60/70 kg. Alcuni esemplari estremamente grandi possono pesare fino ad oltre 80 kg., mentre alcune popolazioni soltanto 30 kg. (ad esempio quelle dell'Isola di Giava) sono molto più piccole. Le femmine sono molto più piccole e pesano generalmente dal 30% al 50% in meno del maschio, vi è quindi un pesante dimorfismo sessuale. Dei quattro felini del genere Panthera (gli altri sono leone, tigre e giaguaro) è quello più piccolo e al tempo stesso il più agile, con un eccezionale rapporto peso potenza. Le possenti zampe più corte degli altri Panthera, le forti mascelle della sua grossa testa, il collo molto sviluppato ed i potentissimi muscoli della scapola lo rendono particolarmente abile nell'arrampicarsi sugli alberi trasportandovi prede con peso pari al doppio del proprio. Il leopardo, abile cacciatore, è molto versatile anche nella scelta delle prede. Nella savana africana sono soprattutto antilopi, gnu, cuccioli di grandi ungulati, babbuini e altre scimmie più piccole, e zebre; tuttavia la preda preferita del leopardo della savana è l'impala (dove questo è presente) Nella foresta pluviale africana può cacciare in aggiunta scimpanzé e talvolta gorilla, giovani o anche adulti. I leopardi asiatici si nutrono soprattutto di cervi, maiali selvatici e scimmie. Fanno parte della sua dieta anche animali più piccoli come scoiattoli, pesci, rane, uccelli, e anche insetti. Ted Bailey, in base alle sue ricerche effettuate nel Kruger National Park, ha stimato un consumo medio giornaliero di 3,5 kg. di carne per il maschio e 2,5 kg. di carne per la femmina. Il mantello è caratterizzato da una colorazione di base variabile, dal giallo al beige, talvolta al blu scuro (più chiaro sull'addome, sotto la coda e all'interno delle zampe) e da particolari macchie nere che in diverse zone del corpo formano delle rosette. La colorazione e lo spessore della pelliccia variano notevolmente con l'habitat colonizzato: negli ambienti con climi più freddi il manto appare più folto, mentre in quelli più umidi si ha una tendenza ad un manto più scuro. Proprio per la sua splendida pelliccia è stato cacciato per molto tempo, sino a condurlo, in alcune regioni, a rischio di estinzione. Le orecchie, di piccole dimensioni, sono posteriormente nere e presentano una macchia bianca al centro (come gran parte dei felidi). Il leopardo è il felide con il maggiore tasso di melanismo tra le popolazioni selvatiche (le cosiddette pantere nere, particolarmente frequenti nel Sudest asiatico, molto più rare e occasionali altrove).
Negli ultimi 10 anni il leopardo si è rivelato un vero e proprio problema per le popolazioni di alcuni piccoli villaggi dell'India. In particolare, tra il 2001 e il 2006, nei pressi della città di Mumbai, numerosi abitanti sono stati attaccati dai felini stanziati da sempre nelle zone limitrofe. Per 57 persone, l'attacco è stato fatale. Sebbene molti studiosi, ritengano che la causa risalga ad un "errore di valutazione" del felino in fase di attacco sulla preda, quella più probabile è legata al loro maltrattamento da parte degli abitanti di alcune zone urbane. È frequente, infatti, che quando i leopardi vengono ritrovati in territorio urbano, subiscano, in genere, maltrattamenti fisici allo scopo di stordirli per poi essere trasferiti in zone lontane dal loro habitat naturale. Questo avrebbe generato, secondo alcuni studi, un grande shock psicologico per i felini, che con il tempo hanno maturato un forte risentimento contro l'essere umano. Il giornalista scozzese Gordon Buchanan ha girato un servizio dedicato a queste vicende proprio a Mumbai. Il servizio è stato emesso in Italia Domenica 22 gennaio da National Geographic Channel nel programma Nat GeoWild.